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Noi andavam con passi lenti e scarsi, e io attento a l’ombre, ch’i’ sentia pietosamente piangere e lagnarsi; e per ventura udi’ «Dolce Mariadinanzi a noi chiamar così nel pianto come fa donna che in parturir sia; e seguitar: «Povera fosti tanto, quanto veder si può per quello ospizio dove sponesti il tuo portato santo».

Langue d’autunno il solitario vespero De l’âtre nebbie fra i cinerei veli; Scendon l’ombre a le verdi solitudini Giù dai lividi cieli. Cadon le foglie, volteggiando aeree Da la fredda portate ala del vento, Quai morti sogni. Erra per l’aure un brivido Come di bacio spento.

Ver è ch’altra fïata qua giù fui, congiurato da quella Eritón cruda che richiamava l’ombre a’ corpi sui. Di poco era di me la carne nuda, ch’ella mi fece intrar dentr’ a quel muro, per trarne un spirto del cerchio di Giuda. Quell’ è ’l più basso loco e ’l più oscuro, e ’l più lontan dal ciel che tutto gira: ben so ’l cammin; però ti fa sicuro.

ai fiumi vinti a nuoto, ai voli in groppa di puledri indòmi. Io so l’ombre de i lauri e so gli aromi del desiderio ignoto. Io vi darò le pure notti, quando tra il fien cantano i grilli, e par che il cielo tremulo sfavilli amor su le pianure; e il fiorir bianco e lento de l’albe a maggio, allor che il giorno pare un campo di conquista ove balzare cogli orifiammi al vento.

Mute, senza singhiozzi, allor che nessuno le vede, quando, venute l’ombre, de i visi la maschera cede, mute, senza singhiozzi, solcando roventi le gote, goccian, da fiere mani nascoste, le lacrime ignote. Come inesausta fonte, oh, sgorgan nel freddo silenzio, sciogliendosi su i labbri con acre sapore d’assenzio.

e l’ombre, che parean cose rimorte, per le fosse de li occhi ammirazione traean di me, di mio vivere accorte. E io, continüando al mio sermone, dissi: «Ella sen va forse più tarda che non farebbe, per altrui cagione. Ma dimmi, se tu sai, dov’ è Piccarda; dimmi s’io veggio da notar persona tra questa gente che mi riguarda».

Ver è ch’altra fïata qua giù fui, congiurato da quella Eritón cruda che richiamava l’ombre a’ corpi sui. Di poco era di me la carne nuda, ch’ella mi fece intrar dentr’ a quel muro, per trarne un spirto del cerchio di Giuda. Quell’ è ’l più basso loco e ’l più oscuro, e ’l più lontan dal ciel che tutto gira: ben so ’l cammin; però ti fa sicuro.

Poi ripigliammo nostro cammin santo, guardando l’ombre che giacean per terra, tornate gi

La gracile Schiava, strumento d’ebrezza, di sogno e di morte, fra l’ombre de gli evi te attese, maternit

Qual di pennel fu maestro o di stile che ritraesse l’ombre e ’ tratti ch’ivi mirar farieno uno ingegno sottile? Morti li morti e i vivi parean vivi: non vide mei di me chi vide il vero, quant’ io calcai, fin che chinato givi. Or superbite, e via col viso altero, figliuoli d’Eva, e non chinate il volto che veggiate il vostro mal sentero!