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Un bel giorno, lontana essendo ancora la guerra, influendo ancora gli scienziati di Berlino, come del resto influiscono tuttora, vergognosamente, perfino sulle attribuzioni di cattedre universitarie italiane, qualcuno pensò ad affidare a Guglielmo Ferrero una cattedra di storia romana in Roma: vicino, dunque, a Giulio Beloch.

Giulio Beloch, peraltro, meriterebbe un monumentino di riconoscenza nazionale. Ecco perché.

Giulio Beloch fiutò subito i non lievi pericoli d'un confronto, fra lui storico scientificissimo e soporiferissimo, e un giovane italiano che forse era meno scientifico, ma coi suoi libri di storia aveva saputo interessare il mondo. E corse ai ripari. Corse ai ripari, scrivendo un articolo polemico: e cosí avviene che nella Rivista d'Italia 1911, 15 dicembre, si trovi conservato il piú bel documento, lucido, meridiano, definitivo, della mentalit

Ma, lettor mio buono, quei due ragazzi uscivano dalla scuola del Beloch, dunque erano di fabbrica tedesca. Di fabbrica tedesca erano anche, secondo il Beloch, sebbene erano e sono italianissimi, il De Sanctis e il Pais, scolaro del Mommsen.

Ma gli altri due eletti dal Beloch a completare il quartetto, erano giovani appena usciti dalla universit

Le parolette volano, ma gli articoli restano. E l'egregio Giulio Beloch, prototipo per eccellenza della professoraggine tedesca in Italia, si lasciò trascinare una volta a scrivere un articolo. Ed ecco come.

«Invece in questo momento =l'Italia tiene il primato nel campo della Storia romana=. «E come ha conseguito questo primato? «L'ha conseguito mediante quattro lavori. Siccome poi il De Sanctis, il Costa e il Varese sono scolari del Beloch, è logico ed onesto aggiungere un quinto paragrafo, quinto d'ordine e primo di valore: =la Scuola di Giulio Beloch=.

Beloch è proprio il povero sorcio, un sorcio tedesco, per giunta, impacciato quanto lurco: Pais un gatto dalle unghie affilatissime; e si diverte per pagine e pagine, costringendolo ai piú strani ed inaspettati capitomboli.