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Lasciala volare la nostra aquiletta...................... .................................................................

Era abitualmente mesto, ma alla guisa d'un'aquila che vede in alto la luce e una catena al suo piede; avrebbe forse voluto salire, volare, ma egli nol sapeva, non desiderava nulla, fuor che di benedire.

E quale il cicognin che leva l’ala per voglia di volare, e non s’attenta d’abbandonar lo nido, e giù la cala; tal era io con voglia accesa e spenta di dimandar, venendo infino a l’atto che fa colui ch’a dicer s’argomenta. Non lasciò, per l’andar che fosse ratto, lo dolce padre mio, ma disse: «Scocca l’arco del dir, che ’nfino al ferro hai tratto».

Ma perchè li vuoi mettere in gabbia? chiese Fräulein, che aveva una mente ordinata. Ma perchè... perchè... fece Nancy affrettatamente, fabbricando le sue ragioni mentre le spiegava, le parole non si devono lasciar volare attorno, come vogliono; si devono prendere, e rinchiudere nei versi... nelle righe... Non so come dirlo... Vuoi dire nel ritmo? disse Edith. Che cos'è il ritmo? chiese Nancy.

Buenos Aires è un po' di tutto. Un Santos Dumont capitato qui, supponiamo, con la macchina per volare, si troverebbe estremamente imbarazzato a giudicare, dall'alto, in quale paese del mondo il vento, o il motore, lo avessero condotto.

Credi forse di spaventarmi, col tuo turgido naso eruttivo, pieno di colline gialle e di crateri urlanti? Ti salto selvaggiamente nella bocca, che si sforma, moltiplicandosi!... Nuvole dai cento buchi mutevoli mi vedete volare ebbro di gioia, balzando nei vostri cerchi come un cavallerizzo nel circo del cielo?...

Vorreste veder tutto ed esser da per tutto ad un tempo; a sentire dalla bocca del grande Got l'efface sublime dei Fourchambault a folleggiare a Mabille, a nuotare nella Senna, a cenare alla Maison dorée; vorreste volare di palco scenico in palco scenico, di ballo in ballo, di giardino in giardino, di splendore in splendore, e profondere l'oro, lo champagne e i bons mots, e vivere dieci anni in una notte.

E quale il cicognin che leva l'ala per voglia di volare, e non s'attenta d'abbandonar lo nido, e giu` la cala; tal era io con voglia accesa e spenta di dimandar, venendo infino a l'atto che fa colui ch'a dicer s'argomenta. Non lascio`, per l'andar che fosse ratto, lo dolce padre mio, ma disse: <<Scocca l'arco del dir, che 'nfino al ferro hai tratto>>.

Intorno a questi tre poeti, che hanno in i tre vizi principali della letteratura olandese: di perdersi nelle nuvole, o di volare terra terra, o d'impigliarsi nella rete del misticismo, si raggruppano altri infiniti poeti epici, comici, satirici, lirici, i più del secolo decimosettimo, pochissimi del decimottavo; molti dei quali godono d'una grande fama in Olanda; ma di cui nessuno esce abbastanza di schiera, da richiamare l'attenzione dello straniero che passa.

Egli fece far silenzio alla moltitudine, la quale fu così pronta a star zitta, che si sarebbe inteso una mosca a volare. Allora trasse dalla manica un foglio, e vi lesse ad alta voce come predicando. Era il bando del Re, quel bando che ho menzionato più su, e che comandava ai sudditi di tenersi pronti al primo squillo di campana.