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Passò il braccio intorno alle spalle della madre e celiando insieme, com'era loro costume, andarono a prendere i loro posti. Vige entrò. Coll'aria tra modesta e superba di un artista il quale presenti solennemente una propria opera che sa riuscita un capolavoro, posò in mezzo alla tavola un bel pasticcio fumante, appetitosissimo al solo guardare la sua crosta dal colore di oro.

quanto da Beatrice la mia vista; ma nulla mi facea, ché süa effige non discendëa a me per mezzo mista. «O donna in cui la mia speranza vige, e che soffristi per la mia salute in inferno lasciar le tue vestige, di tante cose quant’ i’ ho vedute, dal tuo podere e da la tua bontate riconosco la grazia e la virtute.

Forzavasi di mostrarsi vivace, metteva nella esecuzione delle faccende domestiche una foga speciale; alla signora che le moveva qualche domanda se si sentisse male ed alla Vige che si arrabbattava per toglierle di mano qualche lavoro, assicurava che non aveva nulla.

Loreta la lasciò dire, rispondendo appena qualche monosillabo, pressochè senza porre attenzione a tutto quello che la povera serva si credeva in obbligo di farle sapere. E soltanto si scosse impressionata quando la Vige ebbe fatto cenno all'inquietudine nella quale s'era trovato al pari di lei il professore Mattia. È tornato? chiese la signora vivamente. . Poco dopo il primo acquazzone.

Perfino, talora, ne' giorni che c'era gran da fare, o pel bucato o per i fittaiuoli che venivano a pagar le pigioni o per qualche forestiero che capitava a visitare il medagliere e le lapidi del professore, Loreta, ad ogni costo, voleva addossarsi una parte de' lavori che incombevano alla Vige. La vispa contadina però si ribellava.

Allora il professore si levava, e ponendo la mano sulla spalla della fedele domestica: Abbiate pazienza se sono così! diceva. Che volete? Penso sempre a quella poveretta. Faceva lei tutto così bene: faceva lei tutto sempre. Ora non c'è più! Aveva nel dir così la voce ingroppata, e alla Vige, ohe adorava la vecchia padrona, si riempivano pure gli occhi di pianto.

Vige ed Agnul corsero subito fuori e con meraviglia videro scendere dal legno il conte Leonardo Mangilli, che col suo fare burbero e colla ciera più scura del consueto venne loro incontro sollecitamente, accennando colla mano al carrozzino. Che c'è? che c'è? domandarono.

La Lambertenghi, assai pallida, si fermò un po' contrariata: , vado in chiesa. Ma con questo tempo! C'è un bel tratto. Vuole che chiami Agnul che attacchi il carrozzino? No, grazie, non monta. Non vi date pensiero. Ed usci. La povera Vige non potè frenare un gesto d'impazienza. Aveva un bel dire la sua padrona che bisognava fingere di non accorgersi di nulla!

Esaminò l'ammalata, fece molte domande a Mattia, alla Vige, poi rimase visibilmente incerto. Ordinò qualche calmante, ghiaccio al capo: non poteva dir nulla, bisognava attendere il domani: certo che lo stato della signora lasciava adito a molte apprensioni: non lo nascose, per debito di franchezza, al professore: tuttavia non si esagerasse nelle apprensioni. E promise di tornare al domani.

E dunque, Vige, siamo all'ordine? domandò la signora Chiara affacciandosi all'uscio dell'ampia cucina, che un bel sole d'ottobre penetrando dai due finestroni spalancati allietava di festevole luce. Vige, la contadinotta che stavasene intenta al focolare, alzò il capo dalle marmitte, in cui cuocevasi il desinare della famiglia: In pochi minuti, signora. E poi al mezzogiorno ci manca ancora.