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Aggiornato: 25 maggio 2025


Quella circulazion che concetta pareva in te come lume reflesso, da li occhi miei alquanto circunspetta, dentro da , del suo colore stesso, mi parve pinta de la nostra effige: per che ’l mio viso in lei tutto era messo. Qual è ’l geomètra che tutto s’affige per misurar lo cerchio, e non ritrova, pensando, quel principio ond’ elli indige,

Sanza risponder, li occhi su` levai, e vidi lei che si facea corona reflettendo da se' li etterni rai. Da quella region che piu` su` tona occhio mortale alcun tanto non dista, qualunque in mare piu` giu` s'abbandona, quanto li` da Beatrice la mia vista; ma nulla mi facea, che' sua effige non discendea a me per mezzo mista.

Quella circulazion che si` concetta pareva in te come lume reflesso, da li occhi miei alquanto circunspetta, dentro da se', del suo colore stesso, mi parve pinta de la nostra effige: per che 'l mio viso in lei tutto era messo. Qual e` 'l geometra che tutto s'affige per misurar lo cerchio, e non ritrova, pensando, quel principio ond'elli indige,

Quella circulazion che si` concetta pareva in te come lume reflesso, da li occhi miei alquanto circunspetta, dentro da se', del suo colore stesso, mi parve pinta de la nostra effige: per che 'l mio viso in lei tutto era messo. Qual e` 'l geometra che tutto s'affige per misurar lo cerchio, e non ritrova, pensando, quel principio ond'elli indige,

Quella circulazion che concetta pareva in te come lume reflesso, da li occhi miei alquanto circunspetta, dentro da , del suo colore stesso, mi parve pinta de la nostra effige: per che ’l mio viso in lei tutto era messo. Qual è ’l geomètra che tutto s’affige per misurar lo cerchio, e non ritrova, pensando, quel principio ond’ elli indige,

quanto da Beatrice la mia vista; ma nulla mi facea, ché süa effige non discendëa a me per mezzo mista. «O donna in cui la mia speranza vige, e che soffristi per la mia salute in inferno lasciar le tue vestige, di tante cose quant’ i’ ho vedute, dal tuo podere e da la tua bontate riconosco la grazia e la virtute.

Sanza risponder, li occhi su` levai, e vidi lei che si facea corona reflettendo da se' li etterni rai. Da quella region che piu` su` tona occhio mortale alcun tanto non dista, qualunque in mare piu` giu` s'abbandona, quanto li` da Beatrice la mia vista; ma nulla mi facea, che' sua effige non discendea a me per mezzo mista.

Matteo Puriello, detto Ciávola, era un uomo in su i quarant’anni; cacciatore clandestino; alto e segaligno, con i capelli biondastri, la pelle del viso giallognola, i baffi duri e tagliati come una spazzola, tutta la testa avente l’aspetto di una effige di legno su cui fosse rimasta una traccia lievissima dell’antica doratura.

quanto da Beatrice la mia vista; ma nulla mi facea, ché süa effige non discendëa a me per mezzo mista. «O donna in cui la mia speranza vige, e che soffristi per la mia salute in inferno lasciar le tue vestige, di tante cose quant’ i’ ho vedute, dal tuo podere e da la tua bontate riconosco la grazia e la virtute.

Infine scrisse a Caligola una splendida lettera, in seguito alla quale il pazzo tiranno, cui il mondo intero elevava templi, altari, statue, abbandonò l'idea di far innalzare la sua effige nel santuario di Gerusalemme.

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