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Aggiornato: 4 giugno 2025
Ben veggio: è indarno Ogni mio favellar. Ma se in te morto È il pontefice e il re, l'uomo ancor vive; Odimi dunque, o sciagurato, e trema. L'ara di Dio non croller
E io a loro: «I’ fui nato e cresciuto sovra ’l bel fiume d’Arno a la gran villa, e son col corpo ch’i’ ho sempre avuto. Ma voi chi siete, a cui tanto distilla quant’ i’ veggio dolor giù per le guance? e che pena è in voi che sì sfavilla?». E l’un rispuose a me: «Le cappe rance son di piombo sì grosse, che li pesi fan così cigolar le lor bilance.
Sin dalla prima sera l'ho riconosciuto, per la sua posizione, e non sono caduto in errore: è Anagni, la patria di Bonifacio VIII, che io ho salutato con i versi di Dante: Veggio in Alagna entrar lo fiordaliso, E nel vicario suo Cristo esser catto.
Se ben l'alma persona tua modesta Contemplo, i' veggio come fior fra l'herba Lo inanellato crin ne l'aurea testa Giù per la fronte humilmente superba Rideti intorno la preciosa vesta Dentro a la qual ogni gratia si serba O sacra imago gloriosa & diva Da far de marmo una persona viva
Qui è Maccario, qui è Romoaldo, qui son li frati miei che dentro ai chiostri fermar li piedi e tennero il cor saldo». E io a lui: «L’affetto che dimostri meco parlando, e la buona sembianza ch’io veggio e noto in tutti li ardor vostri, così m’ha dilatata mia fidanza, come ’l sol fa la rosa quando aperta tanto divien quant’ ell’ ha di possanza.
ch’io veggio certamente, e però il narro, a darne tempo gi
Ma io non vo' tanto vantarla che voglia far parer d'una mosca un elefante e che di una giovane piccina, anzi uno aborto, voglia mostrarvi una gigantessa. Perché veggio fuor la sua balia, vi sodisfará meglio ella con la sua presenza che non farei io a dipingerlavi con le parole. A dio.
Di più direi; ma ’l venire e ’l sermone più lungo esser non può, però ch’i’ veggio l
Poi appresso, con l’occhio più acceso, lo benedetto segno mi rispuose per non tenermi in ammirar sospeso: «Io veggio che tu credi queste cose perch’ io le dico, ma non vedi come; sì che, se son credute, sono ascose. Fai come quei che la cosa per nome apprende ben, ma la sua quiditate veder non può se altri non la prome.
Quindi non terra, ma peccato e onta guadagnera`, per se' tanto piu` grave, quanto piu` lieve simil danno conta. L'altro, che gia` usci` preso di nave, veggio vender sua figlia e patteggiarne come fanno i corsar de l'altre schiave. O avarizia, che puoi tu piu` farne, poscia c'ha' il mio sangue a te si` tratto, che non si cura de la propria carne?
Parola Del Giorno
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