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Aggiornato: 21 giugno 2025


Pensieri terribili si urtavano nel suo cervello: la sua mente non poteva distaccarsi da Adriana e si chiedeva chi fosse l'uomo che gliel'aveva rapita. Il nome del marchese Diego gli corse sulla bocca e lo ripetè più volte con una specie di delirio. ... doveva essere lui, il preferito del conte Patta. Ma Adriana non aveva sempre detto che l'odiava?

Quanto tempo passasse di tal guisa non so dire parevami che qualche cosa di strano avvenisse intorno a me; io teneva sempre gli occhi aperti, e parevami di sognare mille figure bizzarre danzavano capricciose carole in un'atmosfera di fuoco mi urtavano, mi portavano innanzi come un frammento di macigno sospinto da una valanga e in mezzo a questo scompiglio io udiva ancora il monotono oscillare del pendolo nella camera, e il respiro lento di Clelia.

Il conte rimase per alcuni secondi a guardarla con occhio stralunato: i suoi denti si urtavano. Poi quando cominciò a capire che tutto per Adriana era finito, ebbe un grido di belva ferita a morte e fuggì stringendosi le tempia fra le mani, gemendo, urlando: Sono io... io che l'ho uccisa!

Forse, nell'ardore del desiderio giovanile, si figurava di razzolare nello spazio sterminato d'un'aia; sognava, in quel beato dormiveglia, la vita rumorosa d'un cortile rustico; una ressa di tacchini, di anatre, di oche, di polli che s'incrociavano, si urtavano, vociavano alto, e le liti dei galli, che facevano accorrere ed ammutolivano di sgomento, la folla del pollame.

Gesualdo Arcangeli, ch'era seduto vicino, si volse, minacciando col pugno; si alzò: lo stormo dei ragazzi sparì strillando e fischiando e il Tolomei cominciò: Signori.... Ma fu interrotto di nuovo. In fondo alla sala, succedeva un tafferuglio, venivano alle mani. Erano alcuni operai del Fontanella che volendo entrare ad ogni costo, urtavano, schiacciavano la gente.

Ed il barman usciva dalla sala reggendo sopra un vassoio molti bicchieri colmi, appannati, che tremando si urtavano. Allora sentii le vostre mani crudelissime toccare leggermente la mia spalla, ove rimase un po’ di cipria. E con un riso che orlava d’un bacio non dato la vostra bocca inafferrabile, voi dicevate a me, ch’ero di voi tutto perduto e pallido:

In scuderia non c'erano in quei giorni più di una quindicina di cavalli. Stavano quieti. I più dormivano, alcuni si movevano ogni tanto, con un lieve scalpitìo, accusando le proprie mosse col rumore delle palle di legno appese alle cavezze.... che si urtavano contro le pareti esterne delle mangiatoie.

I giocatori che vi s'ingolfavano, impazienti di raggiungere i loro posti, avidi di guadagno, ignoravano o dimenticavano i più elementari doveri di cortesia: si affollavano, si sospingevano, si urtavano, come impazzati: io le cedetti il passo e trattenni coloro che mi stavano dietro, reggendo la bussola.

I treni delle merci ch'eran dinanzi, m'impedivano di vedere la stazione; credetti che fosse lontana; non scesi. Passan due minuti, ne passan cinque, ne passan otto, e i viaggiatori non tornano, e il treno non si muove. Salto giù, corro alla stazione, vedo un caffè, entro in una gran sala.... Dei del cielo! Cinquanta affamati stavano intorno a una tavola da refettorio, col muso sul piatto, coi gomiti in aria, cogli occhi all'orologio, divorando e gridando; e un'altra cinquantina si pigiavano intorno al banco, afferrando e intascando pani, frutti, confetti, mentre il padrone e i camerieri, ansimanti come cavalli, stillanti di sudore, correvano, si sbracciavano, urlavano, inciampavan nelle seggiole, urtavano gli avventori, buttavan qua e l

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