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Aggiornato: 1 maggio 2025
Tale quale voi mi vedete, se una fuga mi fosse possibile, sentirei l'energia di lottare, a mano armata con due, tre sentinelle, e di ucciderle! Roberto, guardandolo, sospirava. Andò a vedere il pertugio pel quale era entrato lo sconosciuto; perchè egli non sapea ancora chi fosse. E chi potea essere quel misterioso personaggio?
Quasi non sarebbe mestieri di raccontare che il glorioso feritore di Giovanni Forniglia aveva mandato a quel paese la signora Giuseppina Giumella, non rispondendo neppure alle lettere pentite della fiorista, che si affannava a dirgli in pessimo italiano di abborrire quel mostro di suo cugino, il quale era stato ad un pelo di ucciderle il suo tesoro, il suo diletto «Aliberto». Quella disgraziata aveva avuto un bell'offendere la sintassi per lui, un bell'assassinare l'ortografia, un bel chiudere le sue lettere con un «io l'amo indissolubile». Il suo Ernani ci aveva altro pel capo.
Ella gli aveva detto che un duello tra lui ed il duca l'avrebbe addolorata, ma qual altro rimedio in sì triste caso? Il conte non ne scorgeva alcuno. Basta, pensava, per quanto possa penare in disubbidirla vi sarei forzato. Se rimango vincitore, ebbene? Farò il possibile per non ucciderle il marito; se il vantaggio rimane al duca, ciò che può avvenire benissimo perchè ei si batte perfettamente, la mia morte avr
Silvia cominciò a singhiozzare, e così Aurelia, che non potè trattenersi dal farle riscontro. Clelia si sentì un brivido nelle ossa, ed impallidì alla minaccia di ucciderle il genitore; Giulia sola colla impavida freddezza caratteristica della sua nazione, essendo gi
Non so, rispose vagamente, non so. Ascolta, riprese dopo un silenzio penoso, ascoltami, poichè ti dirò quello che non dissi a nessuno. Ti spiegherò quale è il cruccio della mia esistenza; quale è la rovina del mio ideale d'artista. Senti. Per me il sogno di quello che scrivo, è così vero che è come la vita. Attorno a me i miei eroi esistono. In me, con me, per me, esistono le mie donne. Io le evoco, esse vengono. Le ho create io, sono vita mia, forma mia, mi appartengono, mi vogliono bene, lo le amo senza confine, senza misura, con la più cieca passione, io le amo. La mia innamorata non è Rosina che tu conosci, è Fulvia di cui io sono il creatore ed io l'amante. Fulvia figura ideale, più donna per me di Rosina. Io scrivo la loro storia, preso da una emozione che mi affoga, come se narrassi la vita dell'essere che adoro. Scrivo, scrivo, felice, entusiasmato di far sapere al pubblico la loro bellezza ed il loro amore, esaltato all'idea che queste divine creature faranno palpitare altri cuori. Altri come me le ameranno, queste fanciulle celestiali ed amorose, queste donne passionate. Io provo il piacere più profondo che sia dato provare allo spirito umano. Ma quando la loro vita declina, un'angoscia sottile mi vince; io le amo, non posso vederle declinare; quando sono prese dalla malattia per cui debbono morire, io le amo e mi lascio invadere dalla malinconia; quando esse precipitano alla catastrofe in cui debbono perire, io sono assalito dalla disperazione, perchè le amo. Poi, dovrebbero morire, mentre io le amo. Io, che le amo, dovrei ucciderle. Brevemente o lungamente dovrei descrivere la loro agonia e poi ammazzarle. Non posso. Il cuore mi si strazia e non posso. Mi par di uccidere, a tradimento, una persona viva e sana; mi pare di affogare, in un cantuccio oscuro, una donna senza difesa: mi pare di scannare, di notte, un bambino. Non posso ucciderle. Perchè dovrei uccidere l'amante che è bella, che è buona, che non m'ha tradito? Io non posso. Ho orrore di me e non posso. Aspetto, penso, rifletto, mi torturo. L'arte mi dice: Fulvia deve morire. Ed io le grido, piangendo: Non voglio che essa muoia! L'arte mi dice: Uccidila. Ed io mi consumo di dolore, gridando: Non posso, perchè l'amo. Io aspetto: aspettazione tormentosa. Nulla appare. Allora io salvo la mia creatura agonizzante nel modo meno artistico, più volgare che sia. Ella vive, io moro. Non è ridicolo ciò? Ma è straziante. Queste adorate figure che io non so uccidere, uccidono in me tutto: la felicit
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