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Aggiornato: 15 aprile 2025


Quasi non sarebbe mestieri di raccontare che il glorioso feritore di Giovanni Forniglia aveva mandato a quel paese la signora Giuseppina Giumella, non rispondendo neppure alle lettere pentite della fiorista, che si affannava a dirgli in pessimo italiano di abborrire quel mostro di suo cugino, il quale era stato ad un pelo di ucciderle il suo tesoro, il suo diletto «Aliberto». Quella disgraziata aveva avuto un bell'offendere la sintassi per lui, un bell'assassinare l'ortografia, un bel chiudere le sue lettere con un «io l'amo indissolubile». Il suo Ernani ci aveva altro pel capo.

GREGORIO LETI, Vita di Sisto V, parte II, lib. «Signor, non mi abborrire S'io porto invidia ai morti»; sono versi di un madrigale di M. Buonarroti.

Negli ultimi anni di Alfonso cominciò ad ardere la guerra civile; e questa quasi senza interruzione infuriò per un secolo intero, fino a giungere all'estremo dell'atrocitá e dell'orrore durante il regno burrascoso di Pietro il crudele. In quella miserabile etá pareva che i castigliani non avessero anima che per abborrire, non avessero braccia che per distruggere.

E cercava di persuadersi delle mille ragioni che aveva per abborrire il Selmi, per abborrire l'Arconti, per agognar la rovina della miniera. Non lo si era stimato mai al suo vero valore; per più anni egli era rimasto confuso nella folla degli operai; se l'ingegnere Arconti l'aveva distinto dagli altri, era stato per servirsi di lui; se la Societ

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