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«Dall'Affrica non ebbi carteggio col barone, con suo figlio Gasparino amico mio strettissimo. Da questo ebbi bensì una lettera, scritta, salvo errore, con inchiostro turchino sbiadito; poco prima che partissi dalla Sicilia, e quand'egli supponeva che sarei andato a Malta. Difatti in quella lettera me ne accludeva una di raccomandazione per un certo signor Mendolia negoziante in quella citt

Eppure er mare... er mare, quann'è bello, Che vedi quel'azzurro der turchino, Che te ce sdraj longo vicino, Te s'apre er core come 'no sportello. Che dilizia! Sentì' quer ventarello Salato, quer freschetto fino fino Dell'onne, che le move er ponentino, Che pare stieno a fa' a nisconnarello!

Se il signor conte lo comanda, gli dirò che è aspettato da sua Eccellenza, prima di uscire, e che non ha un minuto da perdere. -No, no; disse il giovane patrizio con aria di rassegnazione; exécutons-nous puisqu'il est ici. Fallo entrare. Il cameriere uscì, dopo avere aiutato il suo padrone a infilare un soprabito turchino, mostreggiato di velluto.

Il loro costume mezzo turco, di colore turchino, un po' teatrale e appariscente, era volentieri indossato da molti signori.

Alla parete laterale di sinistra è in primo piano una porticina un po' misteriosa di minime dimensioni. Alla parete opposta un'altra porta, di dimensioni normali. In un angolo, il braccio d'un fantoccio di legno raffigurante un moro regge una lampadina elettrica. Dal soffitto penzola un gruppo di quattro grosse lampadine di vetro turchino. Sera. La porta, in fondo, è chiusa.

Nel vestito di raso color turchino smorto, scollata fino all'indecenza, le magnifiche braccia nude, scintillante di pietre preziose, con uno strascico da sovrana, la signora Rabbi era bella davvero; per certo la più bella di tutte; la regina della festa, come si suol dire.

E si levò dal seggiolone di canna ricurva, si tolse gli occhiali che depose diligentemente sur un mucchio di carte, prese il suo fazzoletto turchino che giaceva accanto, e dopo avere con esso detersa la fronte tutta bagnata, venne con ciera allegra incontro alla signora: Scusami, la mia povera vecchietta. Eccomi qua e con una fame: con una fame che guai se il pranzo non è proprio eccellente!

Così il lungo digiuno e la fatica D'una ad un'altra visïon trabalza Il pensier de l'Eroe, quando, in lui fiso, Il Signor dei celesti: Ora è stagione, Disse in cor suo, che il mio rival conquida! Gli aurei letti lasciò, senz'altro aiuto Che il veloce desio; s'avvolse un manto Ampio, turchino come ciel d'autunno; A la fredda canizie un vasto impose Tricuspide lucente, e, sotto al braccio Un aureo accomodando orbe stellato, Simbol de l'universo, al più vicino Dei presèpi del ciel cheto avvïossi. Ivi, poichè di Giosuè la verga Del sole il cocchio a mezzo il ciel sostenne, E impietriti restâr di sotto al giogo I fulminei cavalli, una falange D'umili ma intelligenti on

Quest'ultima, seduta tutta sola, su d'un canapè coperto di raso turchino, aveva raccolte intorno a le dame men giovani e più sfoggiate d'abbigliamento. La vecchia dama, in que' giorni di solenne ricevimento, non appariva più qual'era agli occhi de' suoi più intimi nel restante della settimana; e la preponderanza del nome e del grado pigliavano nel cuor suo il luogo della pettegola curiosit

Vederli discendere dalle colline, sentendoli cantare l'«Ora», gli uni per la via, gli altri lungo il fiume a traverso i viottoli dei campi, vestiti di rosso, di verde, di turchino, tenendo in mano il lungo e ricurvo bastone del pellegrino, è in quel magnifico paesaggio uno spettacolo veramente degno dell'ammirazione dell'artista, del poeta e dello storico.