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Aggiornato: 18 maggio 2025
Si sorbì il caffè sulla terrazza; poi ciascuno prese posto in qualche angolo, nell'attesa del tramonto ampio e sanguigno. I signori Folengo in preda a un'inesauribile degustazione dell'intimit
Elisa arrossì un poco, sorrise anch'essa e corse ad avvisare il babbo. Io intanto non perdevo di vista il campanile di Golasecca. Elisa aprì le persiane della terrazza, e dopo un istante uscì anche lo zio Michele, sotto un gran cappello di paglia.
Traversata la terrazza, dato uno sguardo al panorama, tutti entrarono nel salotto. Bertini, io interpreto il desiderio di mio marito ed esprimo il mio direttamente, chiedendovi di farci vedere il vostro studio. Sì, signora! rispose pronta la minuscola donnina. Lo zio non vi lavora più dacchè è a Firenze, ma vi sono dentro tante belle cose.... C'è anche la mia statua, di quando ero piccina....
Rimasto in piedi, appoggiato alla finestra prospiciente la terrazza, mi rivolsi a Lidia, dicendo con calma: Vi prego; se volete parlar voi per la prima.... Sì, rispose Lidia, parlerò io. S'accomodò meglio nella poltrona, guardando in faccia i suoi parenti.
Tu non vuoi, Elisa, ch'io diventi ridicolo. No, ma io vorrei che tu mi promettessi almeno di non vederla più da solo a sola. Ebbene, questo te lo posso promettere rispose Enrico. In questo s'intese la voce vibrata e severa di donna Eugenia che chiamava: Elisa. E la madre comparve sulla soglia della terrazza.
No, io resto con Perez. I due amici uscirono sulla terrazza. Il velo della nebbia si era sollevato un poco; un sole pallido, senza raggi, pendeva sulla cima Antalba. Ho sentito del monumento sacro che vogliono innalzare lassù, disse Perez. Ti disponi a lavorare? Io?... Se mi d
E si trattenne, stringendo le labbra, quasi ringhiottendo le parole che le fremevano nella gola. Disse soltanto, e con energia: Vinceremo, babbo! Spuntava appena l'alba. Il signor Kyllea, che aveva l'abitudine di alzarsi di buon'ora, era uscito su la terrazza a fumare e a respirare un po' d'aria libera prima di prendere il bagno freddo.
All'alba, ero su l'alta terrazza della villa. Quattro anni addietro, dallo stesso posto, avevo avuto la gioia di assistere assieme con Fausta allo spuntare del sole, spettacolo nuovo per lei.
La mia amica languiva al mio braccio, io avevo sonno; ma i mutilati riaccendevano con le stampelle alzate l'orchestrina di nervi e fibre che sull'alta terrazza miagolava, strillava, singhiozzava come mille gatti in groviglio d'amore. Il tenente bersagliere correva dimenandosi e cantando: Un valzer pazzo, il più pazzo dei valzer, vogliamo! E' troppo lento, questo! Sfondiamo il pianoforte!
Poco dopo ecco il cane irrompere sopra la terrazza latrando: aveva gli occhi di brace: esalava il fiato fumoso. Beatrice, improvvida a qual partito appigliarsi, volge attorno lo sguardo, e scorge dentro una nicchia un trofeo di armi antiche posto ad ornamento della loggia: afferra una spada, e si pianta dinanzi al giacente fratello.
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