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Aggiornato: 13 giugno 2025
Prenda, soggiunse Loredana, questo è il telegramma, questi sono i denari per la carrozza. Su, su, non voglio che rifiuti. Perchè deve spender lei? E la ringrazio di cuore. Ma non parli nemmeno con l'aria. La Teobaldi afferrò la mano della fanciulla, e domandò inquieta: Ci rivedremo? Torner
L'insolenza del giovane l'aveva così esaltata che quel pomeriggio medesimo, invece di tornare a casa, aveva raggiunto Clarice Teobaldi, e alla mamma aveva scritto ch'era a Venezia, ch'ella non temesse, ma che ormai «il suo destino la chiamava». Così Clarice era diventata la dama di compagnia di Loredana; e Loredana l'amante, alla faccia del sole, di Filippo.
«Folletto», che ne dite? chiedeva Loredana qualche volta alla Teobaldi. «Folletto» era il nomignolo che Loredana aveva scelto per Clarice in memoria del famoso galop di Sirmione.
Di quella fiducia insperata, la Teobaldi conservava così profonda l'impressione, ch'ella si sarebbe ormai fatta uccidere piuttosto di parlarne. Non le era mai avvenuto d'essere messa a parte d'un segreto, perchè i maligni la dicevano pettegola; soltanto Loredana aveva improvvisamente, istintivamente avvertito ch'ella sarebbe stata capace, per amor proprio e per gratitudine, d'un silenzio eroico.
La Teobaldi salutò ancora Loredana, salutò Emma, ed uscì tra il fruscìo dell'abito alla Pompadour e della sottana inamidata. Non ti spaventare, disse la fanciulla a sua madre, non appena l'uscio fu chiuso alle spalle della cantatrice. Sto bene, ora; possiamo partire.... E fece l'atto di scendere, ma Emma la rattenne. No, disse. Puoi aspettare; partiremo stasera.
La Teobaldi, rimasta sola, col cuore gonfio di gratitudine per la missione delicata affidatale da Loredana, col cuore gonfio di sconforto per la partenza della fanciulla, disdegnando esprimersi con l'albergatrice, salì nelle camere di Loredana, ne trovò l'uscio aperto, entrò.
La Teobaldi, non avendo assolutamente nulla da fare, s'appiccicava alla giovane, l'accompagnava alle Grotte, la seguiva sulla strada di Sirmione, veniva a coglierla quando stava sola in giardino, si presentava in salotto chiedendo di rievocare al piano qualche ballabile antico o qualche canzone della sua giovinezza.
Clarice era vestita alla Pompadour, con amplissimi disegni sul corsetto e sulla gonna: questa, troppo corta, lasciava scoperti i piedi calzati di scarpe bianche; e così abbigliata, coi fianchi prominenti, la figura tozza, la Teobaldi pareva una trottola accuratamente pitturata di fresco. Esce? ella domandò con voce triste. Sì, vado a passeggiare, rispose Loredana. Vuol tenermi compagnia?
La Teobaldi si stupì che quella fosse Venere, perchè non aveva, ai suoi occhi, nulla di particolare; era una femmina nuda, nè meglio nè peggio di tante altre. E anche non le piaceva quella tinta scura, quasi nera, che il quadro aveva preso qua e l
Emma le coprì il viso di baci, piangendo e balbettando parole di tenerezza. Che bella scena! osservò la Teobaldi, colpita nel suo sentimento estetico. Che bella scena d'amor materno! Loredana riconobbe la voce, e mormorò a sua madre: Mandala via! Emma si volse. Io la ringrazio, signora, disse alla Teobaldi. Lei è stata molto gentile....
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