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Aggiornato: 22 giugno 2025


Poco dopo entrò un altro personaggio non meno curioso. Era un arabo di Tangeri, che il viceconsole aveva preso al suo servizio, per tutto il tempo del viaggio. Aveva nome Ciua; ma il padrone lo chiamava Civo per maggiore facilit

Giocavano diversamente da quelli che avevo visti a Tangeri. Uno con un colpo del piede buttava la palla a una grande altezza; tutti gli altri facevano ad afferrarla in aria quanto più in su fosse possibile, spiccando in direzione verticale dei salti altissimi, come se si levassero a volo; e chi riusciva ad afferrarla, la buttava in aria alla sua volta.

Le ebree di Tangeri non vestono in pubblico il ricchissimo costume tradizionale; son vestite presso a poco all'europea, ma di colori ciarlatanissimamente vistosi, blù solferino e rosso di carminio, giallo di zolfo e verde d'erba montanina, scialli e gonnelle che feriscon l'occhio da una collina all'altra; in modo che paiono donne ravvolte dentro a bandiere di tutti gli Stati del mondo.

Un altro bello spettacolo, che s'ebbe a Tangeri, fu quello delle feste per la nascita di Maometto; e mi fece un'impressione anche più viva perchè mi ci trovai dinanzi, posso dire, all'impensata.

Non c'è in tutta Tangeri un carro una carrozza; non si sente strepito d'officine suono di campane grida di venditori; non si vede nessun movimento affrettato di cose di persone; gli stessi Europei, per non saper dove battere il capo, restano per ore immobili in mezzo alla piazza; tutto riposa e invita al riposo. Io stesso, che son qui da pochi giorni, comincio a sentir l'influsso di questa vita molle e sonnolenta. Arrivato al Soc di Barra, mi sento irresistibilmente risospinto verso casa; lette dieci pagine d'un libro, il libro mi sfugge di mano; una volta abbandonata la testa sulla spalliera della poltrona, ho bisogno di riepilogarmi almeno un paio di capitoli dello Smiles, per riescire a risollevarla; e il solo pensiero del lavoro e delle cure che m'aspettano a casa, mi stanca. Questo cielo sempre azzurro e questa citt

Son salito alla Casba, o castello, posto sopra una collina che domina Tangeri. È un gruppo di piccoli edifici circondati di vecchie mura, dove stanno le autorit

Più tardi, a notte inoltrata, volli fare un altro giro per veder Tangeri addormentata. Non v'era un lampione, non una finestra illuminata, non uno spiraglio da cui trapelasse un barlume; la citt

Oltre a godere di tutti questi spettacoli, facevamo, io e i miei futuri compagni di viaggio, delle frequenti passeggiate nella campagna di Tangeri, che non è meno curiosa a vedersi che la citt

C'eravamo tutti. Erano arrivati il giorno innanzi, per unirsi a noi, un vecchio amico dell'Incaricato d'affari, il signor Patxot, antico ministro di Spagna a Tangeri, e il signor Morteo, genovese, agente consolare d'Italia a Mazagan. C'era il medico della carovana, Miguerez, nativo di Algeri; un ricco moro; Mohamed-Ducali, suddito italiano, che accompagnava l'ambasciata in qualit

Sono da sette giorni a Tangeri, e non ho ancora visto il viso d'un'araba. Mi par di trovarmi in un grande veglione di donne mascherate da streghe, come se le figurano i bimbi, camuffate in un lenzuolo mortuario. Camminano a passi lunghi, lentamente, un po' curve, coprendosi il viso col lembo d'una specie di mantello di tela, sotto il quale non hanno altro che una camicia a larghe maniche, stretta intorno alla vita da un cordone, come la tonaca d'un frate. Del loro corpo non si vede che gli occhi, la mano che copre il viso, tinta di rosso coll'henné alle estremit

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