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Aggiornato: 12 giugno 2025
Roma taceva, gi
Lucia taceva, crollando il capo, come se cupe visioni le ingombrassero la mente; poi dopo qualche istante di silenzio, soggiunse a un tratto: E se ritornassero i Francesi? I Francesi! esclamò Teresa; ma non è possibile! E perchè dici che non è possibile? Perchè... perchè... ce ne sono tanti dei perchè, ma non li posso spiegare.
Sicuro, essa aveva voluto imbarcarlo, quando Giacomino ne faceva di tutti i colori, anche adesso lo avrebbe mandato via per un anno, per due, perché si facesse uno stato indipendente. Ma non a farsi scannare in quella maledettissima Africa! Soltanto quando c'era Daniele, taceva; marito e moglie si scansavano il più possibile; l'uno avendo quasi vergogna dell'altro, pel proprio dolore.
Per altro, se l'inglesina taceva, non taceva del pari la coscienza di Ariberti. L'immagine della signora Szeleny gli tornava ad ogni tratto davanti; ed egli era ancora troppo giovane per cavarsela da queste malinconie con una alzata di spalle, nè abbastanza padrone di sè (e questo lo abbiamo gi
Oh, non me lo dica, signor conte; replicò la fanciulla. Ha ricevuto qualche notizia spiacevole da Modena? No, signorina, nessuna notizia. Ma allora che cos'ha? È così mutato, da qualche giorno! Il conte Gino taceva, e allora la fanciulla ripigliò a domandargli: Si annoia, forse? Comprendo che qui non c'è gente abbastanza, per tenerle compagnia. No, davvero! scappò detto a Gino.
E ad evitare che egli si proponesse per compagno, gli domandai come avrebbe passato la giornata. Contava passarla teco, mi rispose indifferente; ma poichè tu vai in campagna.... Come potevo io non dirgli che venisse con noi? In un baleno pensai ogni mezzo per evitarlo non ve n'era alcuno. S'egli avesse proseguito a parlare, se avesse detto due sole parole di più... ma egli taceva. Lo invitai.
Egli stava rannuvolato guardando il conte palatino, il quale, dopo aver baciato la mano alla contessa, si era fatto in disparte, e taceva, come un innamorato in ufficio. Suvvia, non ci perdiamo in chiacchiere! disse Matilde. Sar
Il ferito cominciò a singhiozzare come un fanciullo, poi, furente, si diede ad urlare con voce di dannato. Chiamava, imprecava, pregava, mandava suoni senza nome, fremeva, taceva sfinito, ricominciava più feroce, finchè gli urli tornarono grida umane, e le grida lamenti acutissimi, ed i lamenti gemiti spossati e sommessi. Poi la voce gli mancò anche a quelli.
L'Onorati taceva per non provocare un'altra discussione; il principe taceva fingendo stanchezza e sperando che lo avrebbero lasciato solo; e la duchessa, ora che non udiva più la voce della nuora, dormiva di nuovo placidamente.
Anche Emidio taceva. Ambedue rimanevano sul cassone da nozze, come prima, seduti a canto, sfiorandosi con i gomiti, in un’incertezza penosa, evitando con una specie di artificio mentale che la loro coscienza giudicasse il fatto e lo condannasse. Spontaneamente ambedue rivolsero l’attenzione alle cose esteriori, in quest’operazione dello spirito mettendo un’intensit
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