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Aggiornato: 1 luglio 2025
Ahi figlia sfortunata! invano festi prova di magnanimo ardire, invano pur accoglievi nell'affanno di morte qualche speme e traevi refrigerio alla sventura nella vista dell'amor tuo. Tu eri sortita agli infortunii, tu segnata a sopravvivere al tuo fido perchè dovessi patire doppia morte accogliendolo trafitto in petto.
Era sempre spettinata, col capo sudicio, perchè adesso avea la superstizione di perdere i capelli se li toccava l'Agnese. Insomma un giorno, tanto si sentiva sfortunata, che non potè più reggere, e si mise a piangere dalla fruttaiola. Figurarsi! a cagione «di quella bestiaccia» si guastava il sangue e si arrabbiava anche col conte Venceslao!
Qual sarebbe la mia vita, tu mancandomi? rimarrei orfana, vedova, sola e sfortunata, ché tu in vece di tutti sei mia madre, mio marito, mia compagna e mia figlia. E poi ben convien ch'io ne patisca la pena, perché io son stata cagion di consigliarti e aiutarti in questo amore.
E dev'essere stata così sfortunata! Guai a dirlo: è un grosso peccato! ma è proprio vero che sono i buoni quelli che hanno le maggiori disgrazie! Ti narrò mai qualchecosa la signorina? A me! si figuri! Che confidenza vuole che abbia per una povera serva come son io? Però ho indovinato ed ho anche udito.... Udito? Che cosa?
83 D'alto cader sente gran sassi e gravi da machine cacciati e da tormenti; e prore e poppe fraccassar de navi, ed aprire usci al mar larghi e patenti; e 'l maggior danno è de l'incendi pravi, a nascer presti, ad ammorzarsi lenti. La sfortunata ciurma si vuol torre del gran periglio, e via più ognor vi corre.
O sfortunata fanciulla, o anima innocentissima, o figlia viva e morta unicamente amata da me, tu sola eri l'occhio, mente, mano e piede del tuo padre infelice: con teco compartiva gli affanni della mia povertá e come un comun peso la sopportavamo insieme; la tua compagnia non mi faceva sentir i difetti del tempo e mi faceva cara la vita.
E così dicendo, amorosamente gli strinse la mano. La sfortunata morte di due infelicissimi amanti, che l'uno di veleno e l'altro di dolore morirono; con vari accidenti. MATTEO BANDELLO Novelle. Agunt et Cantant: GIULIETTA. ROMEO. MERCUTIO. L'ANIME DELLA NOTTE. Notte vicina all'alba. Nei giardini dei Capuleti: un verone splende solo al palazzo tra li alberi: una scala di seta pende dalla ringhiera.
«Piuttosto mi butto nell'Adige!» aveva risposto la giovane alla fruttaiola. Così, la sfortunata Portomanero, non potendo servirsi da sè sola, era obbligata per sua disdetta a contentarsi dell'Agnese, la quale faceva miracoli con quelle braccine sottili; ma tutto era inutile.
Parola Del Giorno
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