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Nella situazione della contessa d'Arda, tra gli scrupoli morali e gli allettamenti della passione, cento mille donne s'uccidono. Aspettano. Col tempo s'accomodano a condizioni di vita che per un momento credettero insoffribili; vengono a patti con i loro scrupoli, trovano nell'altrui esempio una scusa, sperano nella redenzione futura. Tale è la condotta di tutte, di quasi tutte. Voi avete definito bene, fin dal primo momento, l'importanza di questa ragione. Ma per credere così, per sostenere che dopo l'ultima spiegazione con voi, dinanzi alla visione del male inevitabile, ella non si sia uccisa, dovete concedere che la vostra amica, che questa donna della quale decantate la grandezza dell'anima, che veramente m'è parsa, in queste sue confessioni e per le testimonianze di chi la conobbe, superiore a molte altre, dovete concedere, dico, che fosse invece come tutte le altre, anch'ella capace delle comode transazioni delle quali siamo spettatori quotidiani. È bensì vero: chi si uccide non d

Ma tra l'andar dall'una all'altra banda, e il pigolar per via della marmotta, e il consigliar e il chieder: Chi ti manda? e mille brighe che accadon talotta; tre ore eran di notte, e ancor non era giunto il putto, e Marfisa si dispera. Ruggero avea mandato sette volte, e Bradamante, a dir ch'ella si mova. Marfisa delle scuse addotte ha molte, e finalmente scusa piú non trova.

Poniamo che maggiore perfeczione, e piú piacevole a me, sia di levarsi mentalmente e actualmente da ogni cosa del mondo, chi non si sente di giognere ad questa perfeczione, ché la fragilitá sua non el patisse, può stare in questo stato comune, ogniuno secondo lo stato suo. E questo ha ordinato la mia bontá acciò che veruno abbi scusa di peccato in qualunque stato si sia.

Vedete, signora, sclama infine una sera il mio vicino impazientato, voi m'inasprite. Vi domando scusa, ma voi non osservate che la superficie. Voi non vedete in tutto ciò che un signore il quale recita, bene o male, un discorso innanzi a qualche centinajo di suoi colleghi, i quali conoscono gi

Arconti, gli disse un antico conoscente che gli era vicino non saluti nemmeno gli amici? Oh rispose Roberto, scusa, non ti avevo visto. Resti ancora a Milano un pezzo? Oh no.... pochissimo. E torni laggiù alla tua miniera? ....

Al Cardinale parve, come invero egli era, stranissimo il contegno del Farinaccio: distinguerne le cause interne non sapeva; ed uso a malignare sopra il bene manifesto, pensate un po' s'ei mulinasse su quel garbuglio misterioso. Non assentì pertanto al Farinaccio, lo respinse: prese tempo a pensarvi su, e gli somministrò naturalissima scusa allo indugio il pretesto di doverne conferire insieme a Sua Santit

19 Pensa la scusa, e poi gli cade in mente che non sar

Non s'accorgeva di colpirla, così duramente: o non la credeva sensibile: o credeva che fosse necessario di colpirla, per guarirla da questo morbo spirituale che la teneva. Certi giorni, dopo un'assenza di una settimana, le appariva innanzi quietissimo, avendo l'aria di non vedere che ella era disfatta dall'attesa, non dando nessuna scusa alla sua mancanza.

È stato Finotti...! rispose Giacomino con un tono che non avrebbe per nulla indicato quel nobile sentimento «che fa l'uom di perdon talvolta degno»: indi dirotto pianto, ma di rabbia. Finotti a far che? a scriver la lettera? No, a dirmi come si doveva fare la scusa. La fanno tutti, mica io soltanto! Il direttore l'ha su con me, e mi castiga solamente me così rispose Giacomino.

Bravo Roberto! Scusa se non ho potuto venire incontro. Esco da mezz'ora appena dalla miniera.... Quanto piacere m'hai fatto ad accettare la mia offerta! Ci vorr