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Aggiornato: 24 giugno 2025
Passò qualche giorno ancora: nell'estremo autunno di quell'anno, non so in qual occasione, in Roma si diede una festa notturna con luminarie e danze ed altre tali cose. Venne la notte; il fiore dei gentiluomini e delle gentildonne romane, si raccolsero nelle ampie sale del Palazzo Aurelio. La duchessa Elena, usa a far sempre la prima figura in quell'occasioni, non ci poteva mancare.
La pagina di storia che si scrisse dalla Monarchia Sabauda in quell'anno fu tale che vorrebbe la penna d'un Tacito e intinta nel sangue; ed è di quelle che gli uomini dovrebbero rileggere ogni qualvolta sentono a infiacchirsi nell'animo loro l'abborrimento della tirannide, e le madri ripetere ai figli perchè v'imparino quali possano essere le sorti d'una terra non libera.
E appunto nella primavera di quell'anno, che fu, siccome si è detto, il 1447, una nave del Finaro, impadronitasi d'una nave genovese de' Calvi, l'avea tratta come buona preda al marchese.
Domani glielo dico. Perchè no? rispose fieramente Drollino, quando udì quella proposta, fatta in tono di scherno. È mia! sapete? È matto, dissero ridendo i mozzi e gli stallieri. Ma la puledrina aveva un nome ormai. E, prima per chiasso, poi sul serio, venne chiamata così. La neve cominciò presto quell'anno, e Astianello prese un'aria malinconica, nella campagna, fatta brulla dal verno.
Sulla fine di quell'anno si trova infatti che i tenenti ingegneri Carlo Canòva e Francesco Medin, unitamente al tenente colonnello Milanovich, prestavano la loro opera nell'arginatura dell'Adige, alle dipendenze del magistrato al detto fiume ed in collaborazione a taluni ingegneri civili .
Da quell'anno in poi poche squadriglie di Spagnuoli, d'Alemanni ed anche di Francesi avevano, passando, fatta momentanea dimora in quella Rôcca; nè ciò avveniva più affatto da che teneva dominio sul lago l'ardimentoso Gian Giacomo Medici castellano di Musso, le di cui bande armate approdavano di frequente a Nesso, essendo quegli abitanti loro confederati, e riuscendo per ciò troppo difficile e pericoloso ad altri militi il fermar quivi soggiorno.
Que' rozzi caratteri commossero Damiano, e fecero piangere un poco anche Stella e sua madre: egli rispose subito al suo lontano amico; disse, come potè meglio, il suo affetto a quel cuore ch'era per lui più che d'amico, più che di fratello; e si arrischiò di mandargli insieme alla lettera una bella doppia di Genova bene incartocciata, ch'era il frutto de' suoi risparmi di quell'anno, dicendogli che l'accettasse per amor suo, poichè tra fratelli tutto ha da esser comune.
Lorenzo, sebbene in quell'anno avesse cominciato a studiare filosofia, non aveva gi
Era il segreto del mio buon umore, della rassegnazione con cui vedevo passare gli anni e partire le mie sorelle. Ero certa che sarebbe tornato. Da sette anni? balbettò Vicenzino. Sì. Da quando tu eri a Vercelli col tuo povero babbo. Egli passò quell'anno qui in permesso; s'era ammalato nel suo primo viaggio al Giappone.... È in marina? Sì; nella marina mercantile.
Quel dì e i seguenti spese a metter in regola le poche faccende della famiglia; parlò col signor Lorenzo, a cui volle confidare l'ultimo frutto de' suoi guadagni di quell'anno; finalmente andò anche dal pittore Costanzo, a pregarlo d'informarsi qualche volta de' suoi, e di dargliene poi notizia, quando fosse lontano.
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