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Ti amo e ti odio!... le ruggì agli orecchi. Le rovesciò all'indietro il capo, appoggiò le sue labbra sulla fronte di lei e vi stampò un ardente bacio ripetendo con una voce che i singhiozzi soffocavano: Ti amo e ti odio!... Fathma, che ti aveva fatto io per tradirmi, per rendermi infelice, per piombarmi nella disperazione?

"S'io ti avessi a dire con parole la centesima parte della gratitudine ch'io ho a professare a te e a quel povero Elia, che sostentando con difficile e pericolosa fatica la sua vita, trova pure il tempo da provvedere all'altrui vantaggio, davvero che non ci riuscirei, per quanto io mi sforzassi. Fino dal dicembre dell'anno ora trascorso, ho passate più settimane temendo ogni sentir pubblicata la confisca di tutti i mei beni, e mi son martellato il cervello per vedere se ci fosse modo di riparare a tanta rovina... pure, accorgendomi che non era mezzo di scansar quella procella, se avesse voluto piombarmi addosso, non ci pensai altro, e mi parve alla fine che il temporale fosse al tutto passato. Però l'ultima tua mi recò grandissimo stupore insieme a molto sdegno e a grandissima consolazione ancora, la quale, per dirti il vero, mi ha vinto al punto, che piansi di riconoscenza per te e per quel povero Elia. Io non so comprendere come a colui, per quanto sia destro ed acuto il suo ingegno, sia riuscito di far risultare al fisco come della maggior parte de' miei beni io abbia fatta la cessione a te per vendita regolare. Vorrei che in un'altra tua mi spiegasse com'egli abbia potuto far questo, che ancora non mi par vero. In quanto ai pozzi di sale ch'io possedevo, ed ai boschi, devo dirti che non m'importa gran fatto siano caduti in bocca del fisco, perchè in questi ultimi anni non mi rendevano più che tanto, onde assai poco ci ho perduto. I trentamila fiorini d'oro che m'hai spediti non potevano giungermi più a tempo, che gi

Nondimeno, a pena misi il piede su la soglia della stanza di Giuliana, sentii piombarmi sul cuore un peso enorme; e mi soffermai, vacillante, fra le portiere che mi nascondevano. "Baster

Dieci ducati di oro! E' ci era da comprare un reame. Volevamo andare tutti: per metterci d'accordo facemmo il conto, e toccò a me. Sciogliemmo le corde, che noi altri cacciatori di montagna costumiamo tenere cinte a più doppii intorno alla vita, ed annodatele insieme ci parve potessero bastare per giungere laggiù: mi calarono; con la sinistra agguantava la corda, con la destra stringeva la coltella tagliente meglio di un rasoio: arrivo al nido, lo stacco, me lo assicuro fra il braccio, e il costato. Gli aquilotti strillano, sono sordo; gli aquilotti beccano, gli lascio beccare: agito la corda, mi tirano su, ed incomincio a salire piano piano come una secchia: ogni cosa cammina d'incanto. Giunto a due terzi, e forse saranno stati anche i tre quarti, della salita, mi percuote un rumore di aria rotta violentemente a modo di turbine, e m'intronano stridi disperati. Il giorno diventa buio, e al tempo stesso due punte m'investono, di cui l'una mi straccia la pelle del capo, e l'altra mi fora il cappello, e se lo porta via; perocchè le aquile fossero due, maschio e femmina, e a quanto pare, come Gildippe ed Odoardo, amanti e sposi: per giunta poi, genitori degli aquilotti che portavo meco. Ambedue rivolsero il volo per piombarmi di nuovo a perpendicolo sul capo. Io non aveva mai visto aquile così sterminate. Santo Uberto mi aiuti! Quando mi vennero vicino menai colpi da disperato; ne giunsi una fra la spalla ed il collo, ma non la ferii bene; all'altra mozzai un quarto di ala: ma egli era nulla; si alzavano, si abbassavano, volteggiavano, mi ferivano nel petto, su le spalle, nei fianchi, si avventavano così ratte ad artigli spiegati contro i miei occhi, che davvero incominciai a pentirmi di essere disceso laggiù: però mi difendeva il molinello, che faceva stupendamente veloce con la coltella per tutta la persona. Pensate un po' voi se dovevano, o no, essere nuovi spettacoli un cristiano sospeso per l'aria, che girava girava come fuso che torce la canapa, col nido degli aquilotti in collo, giuocare di scherma incontro alle aquile, le quali con tutte le malizie loro s'ingegnavano lacerarmi, e lo abisso pieno di stridi degli uccelli, e di voci umane le mille volte ripetute dagli echi, di penne svolazzanti, di sangue grondante, e di furore. Nel voltare la faccia in su incontro la faccia dello sconosciuto sporgente dalla balza, che rideva mostrando i denti a guisa di lupo quando ha fame; mi si abbagliarono gli occhi, e un sudore diaccio mi corse lungo la spina... Santa Vergine! Quale orrore! Nel menare colpi io aveva per inavvertenza tagliata più che mezza la corda, gi