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Aggiornato: 25 luglio 2025
Aminta fu più aspro e più schietto. Meglio tutti noi in carcere e la casa in rovina, se potevano trovarci in colpa per amor di patria; ma egli doveva mantener la sua fede. Anche Fiordispina seppe ogni cosa; ma non volle essere consolata. L'avevo immaginato; diss'ella. Il conte Gino è infelice, io gli ho perdonato. Non mi si dica più altro.
Ma un monsignore pesante, pretensioso, il quale pativa di scrupoli, e si era innamorato a modo suo della Baby. E come se tutto ciò non bastasse per infastidire la Contessina, gli amici i quali, sebbene non ne dessero l'aria, pure non avevano ancora perdonato al Santasillia il trionfo de' primi giorni, congiuravano insieme per la sua completa disfatta.
Perchè non stasera, se deve venire? Allora vado subito. Tina non rispose. Betta era andata a sedersi presso la finestra; il suo viso gonfio e giallo esprimeva una collera intelligente, che non avrebbe così presto perdonato. Si sentiva derubata e se la pigliava anche con Tina perchè non sapeva assicurarle il dono dopo averglielo fatto: poi si voltò al muro per non mostrare di piangere.
La signora Bettina non aveva mai perdonato alla scolaresca questo affronto, nè a suo fratello l'indifferenza con la quale egli ne aveva accolto l'annunzio. Ella che avrebbe voluto un'espulsione in massa! Ella che sarebbe andata in persona dal Preside, se non fosse stata la paura di scontrarsi nuovamente con quei cattivi soggetti!
Passò nella sua camera, indossò la veste talare, prese il berretto e ritornò nella saletta. Il convoglio funebre era ancora in cammino, egli aveva un istante di tempo. Si accostò alla Cristina che piangeva sempre, e con quella voce tenera e profonda, che a lei faceva tanto bene, le disse: Non piangere più. Tuo padre è tranquillo adesso. Dio gli ha perdonato.
Ah sciocca, sciocca, che avrebbe potuto posar la fronte su quel petto leale e trovare un asilo sicuro fra quelle braccia di soldato e di gentiluomo! Non più ora, non più... Quand'anche egli le avesse perdonato il suo fallo, ella non sarebbe stata mai la contessa Vergalli... Un momento d'oblio aveva distrutto tutta l'opera laboriosa del suo passato, aveva distrutto ogni speranza dell'avvenire.
Sciocco! ripicchiò il conte Gino, come fu giunto alla fine del paragrafo. Poi, come era naturale, ripigliò la lettura. «Pensando a questo, mio caro Gino, ti ho perdonato. Perdonato, bada bene, e non giustificato. L'odore del foin coupé è buono, ma in estratto; il gradirlo sul posto è da cacciatori, ma per un giorno, e non di più.
A quel patto, a quel patto solo, avrebbe perdonato Aminta Guerri le colpe di Gino Malatesti. Ma il conte Gino non aveva fatto nulla di ciò. Se lo avesse fatto, altri modenesi lo avrebbero saputo, altri modenesi lo avrebbero narrato ad Aminta. Nessuno gli aveva data una simile notizia; solo avevano potuto scrivergli che il signor conte era sparito. Sparito!
Ma udendo che il padre gli aveva prima di morire perdonato, si era promesso adoperarsi con impegno per gli eredi spogliati. Con tenerezza gli aveva accolti, perchè erano gli unici parenti, che gli rimanessero. Non gli sembrava molto difficile persuadere il duca dell'Isola a riconoscerli.
Non gli ho perdonato ancora la chiesa gotica che piantò in mezzo alla Moschea di Cordova; ed ora questa baracca finisce di mettermelo in tasca tutto intero colla sua corona e la sua gloria. Ma in nome del cielo, dov'è l'Alhambra?" "È l
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