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Aggiornato: 27 giugno 2025


Un momentino; lasci finire. Appena presentato, subito mi scarica addosso una dichiarazione fulminante. Io ne rido; e lei, con una disinvoltura invidiabile, giù la seconda, la terza, la quarta: una raccolta non sempre originale, ma molto ricca. Continuo a ridere, per il meno male, e allora, con un talento superiore a qualunque filodrammatico, mi recita per benino la parte del cruccio e dell'ira. Senta, se lei mi lascia ridere, rider di cuore, potrò credere che, pure scherzando, abbia della stima per me; ma se invece dubita solamente che io possa accettare le sue, sarò buona e dirò le sue amabilit

¹¹⁵ Si consulti l’esemplare dei Capitoli cit., posseduto dall’Unione dei Musici, per dono fatto il 21 sett. 1894 da Giovanni Pitucco. Questo esemplare per le note a penna che contiene ha valore di documento originale.

Poi il signor Daniele non conosce Tobia, non l'ha ancora veduto... è un buon diavolo, ma originale.... ed ha la lingua un po' troppo lunga. I due cognati andavano d'accordo in molti punti, per esempio nel giudicare l'ordine e la nettezza come cose di lusso; ne sia prova l'abitudine del maestro di farsi servire dagli scolari, che gli mettevano la casa a soqquadro e ne facevano un letamaio.

Il milionario interruppe ancora per dire con tutta la franchezza d'un vecchio libertino senza pudore: Quella birbona di Fifina aveva un'aria così originale, sotto la sua spettinatura e con quel miserabile scialletto tirato intorno alle sue spalluccie!... Un altro non le avrebbe badato; ma non si è gi

Li ascoltava con attenzione, senza far le smorfie e si contentava alla fine di dire: che originale che siete!

Un'altra setta d'uomini arroganti, per comparir comete di dottrina e geni di quel secolo giganti di testa originale arcidivina, si posono a vagliar che per lo avanti i dotti erano cosa assai meschina, che i lor sistemi, i libri, i precettori erano nebbie, pregiudizi, errori.

Per la Lea, in un altro prologo a bastanza originale, che mette in scena parecchie macchiette di avventori del caffè del Teatro Manzoni di Milano una specialmente caratteristica, quella di Fulvio, ameno e onesto boème a cui tanti vogliono bene, autore di libretti melodrammatici, sempre in cerca di cinque franchi o di un francobollo che gli fa più comodo invece d'un sigaro che gli viene offerto il Cavallotti che ha profuso prologhi in azione o in versi, per la Lea dunque fa dire e dice: FULVIO.

Ed io stesso mi dico: poltrone, lavora e fatti una carriera, professa le tue idee dignitose ad alta fronte, e parla colla tua coscienza d'uomo, e pensa al tuo avvenire con sicurezza e con coraggio invece di sospirare e di bevere bromuro! Dicono ch'io sia originale, invece sono solamente infelice. Se fossi pazzo, quante volte avrei compromesso in casa mia il suo delicatissimo nome!

Certo il mio amico Richter impressionava. Era una figura originale, di quelle che i giornali illustrati tedeschi mettono in una novella semplice e buona, vivificata dalla matita di un artista di spirito. Parecchie volte lo incontravo in quei paraggi, con una valigetta appesa a una mano, l'eterna ombrella nell'altra. La valigetta s'empiva di frutta: di erbaggi di latticinii, d'un po' di tutto.

Per sei mesi il mio letto dacchè io non aveva che una stanza fu coperto dalle edizioni del poema attraverso le quali io rintracciava le varie lezioni che la mancanza d'un testo originale, l'ignoranza dei tardi copisti e le borie locali accumularono per secoli su quasi ogni verso. Oggi, credo mio debito dir tutto il vero e separare il mio lavoro da quello di Foscolo . .

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