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Quant'esser convenia da se' lucente quel ch'era dentro al sol dov'io entra'mi, non per color, ma per lume parvente! Perch'io lo 'ngegno e l'arte e l'uso chiami, si` nol direi che mai s'imaginasse; ma creder puossi e di veder si brami. E se le fantasie nostre son basse a tanta altezza, non e` maraviglia; che' sopra 'l sol non fu occhio ch'andasse.

Quant’ esser convenia da lucente quel ch’era dentro al sol dov’ io entra’mi, non per color, ma per lume parvente! Perch’ io lo ’ngegno e l’arte e l’uso chiami, nol direi che mai s’imaginasse; ma creder puossi e di veder si brami. E se le fantasie nostre son basse a tanta altezza, non è maraviglia; ché sopra ’l sol non fu occhio ch’andasse.

«E vissi a Roma». Certa cosa è che Vergilio, avendo lo ingegno disposto e acuto agli studi, primieramente studiò a Cremona, e di quindi n'andò a Milano, dov'egli studiò in medicina; e, avendo lo 'ngegno pronto alla poesia, e vedendo i poeti esser nel cospetto d'Ottaviano accetti, se n'andò a Napoli, e quivi si crede sotto Cornuto poeta udisse alquanto tempo.

E scriverò in istilo assai umile e leggiero, peroché piú alto nol mi presta lo 'ngegno, e nel nostro fiorentino idioma, accioché da quello, ch'egli usò nella maggior parte delle sue opere, non discordi, quelle cose le quali esso di onestamente tacette: cioè la nobiltá della sua origine, la vita, gli studi, i costumi; raccogliendo appresso in uno l'opere da lui fatte, nelle quali esso chiaro ha renduto a' futuri, che forse non meno tenebre che splendore gli daranno le lettere mie, come che ciò non sia di mio intendimento di volere; contento sempre, e in questo e in ciascun'altra cosa, da ciascun piú savio, dove io difettuosamente parlassi, essere corretto.

Il che accioché non avvenga, umilemente priego Colui che lui trasse per alta scala a vedersi, come sappiamo, che al presente aiuti e guidi lo 'ngegno mio e la debole mano.

Come distinta da minori e maggi lumi biancheggia tra poli del mondo Galassia si`, che fa dubbiar ben saggi; si` costellati facean nel profondo Marte quei raggi il venerabil segno che fan giunture di quadranti in tondo. Qui vince la memoria mia lo 'ngegno; che' quella croce lampeggiava Cristo, si` ch'io non so trovare essempro degno;

Egli quantunque, almeno dalla parte di Dante, ardentissimo fosse, niuno sguardo, niuna parola, niun cenno, niun sembiante, altro che laudevole, per alcun se ne vide giammai. Che piú? Dal viso di questa giovine donna, la quale non Bice, ma dal suo primitivo sempre chiamò Beatrice, fu primieramente nel petto suo desto lo 'ngegno al dovere parole rimate comporre.

Qualunque ruba quella o quella schianta, con bestemmia di fatto offende a Dio, che solo a l’uso suo la creò santa. Per morder quella, in pena e in disio cinquemilia anni e più l’anima prima bramò colui che ’l morso in punio. Dorme lo ’ngegno tuo, se non estima per singular cagione esser eccelsa lei tanto e travolta ne la cima.

Allor mi dolsi, e ora mi ridoglio quando drizzo la mente a ciò ch’io vidi, e più lo ’ngegno affreno ch’i’ non soglio, perché non corra che virtù nol guidi; che, se stella bona o miglior cosa m’ha dato ’l ben, ch’io stessi nol m’invidi. Quante ’l villan ch’al poggio si riposa, nel tempo che colui che ’l mondo schiara la faccia sua a noi tien meno ascosa,

Se noi vorremo por giú gli animi e con ragion riguardare, io mi credo che assai leggiermente potremo vedere gli antichi poeti avere imitate, tanto quanto a lo 'ngegno umano è possibile, le vestigie dello Spirito santo; il quale, come noi nella divina Scrittura veggiamo, per la bocca di molti, i suoi altissimi secreti revelò a' futuri, facendo loro sotto velame parlare ciò che a debito tempo per opera, senza alcuno velo, intendeva di dimostrare.