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Questa istituzione dovuta certo ad un resto di uso indiano poichè le donne si trovano in tutte le armate primitive portata nell'esercito argentino dai numerosi indiani che vi hanno fatto parte, è fomite di mali disciplinari, sui quali è degno sorvolare.

Gli domandai s'era francese. , rispose. Son venuto da Algeri. Son qui da sette anni. Son capitano nell'esercito del Marocco. Non potendo fargli i miei complimenti, non risposi. C'est comme ça, continuò con un fare spigliato. Sono andato via da Algeri perchè non mi ci potevo più vedere. La vita all'europea non si confaceva alla mia indole. Sentivo bisogno di cangiar paese.

Tutto alla rovescia, dicevo. Le cure principali dello Stato, delle provincie e dei comuni in un paese come l'Italia dovrebbero essere dedicate alla pubblica istruzione e all'agricoltura, e invece i bilanci di questi due ministeri sono appunto i più poveri e trascurati: e mentre tanti sono i disoccupati che soffrono la fame, si spende un milione e mezzo al giorno nell'esercito e nella marina da guerra, si ha la vanit

Il governo, stretto fin prima del nascere ad un patto di servitù, diffidava di noi, diffidava del popolo, dei volontarî, di stesso e d'ogni cosa, fuorchè del magnanimo principe. E il magnanimo principe campeggiava nei proclami, nei discorsi, nei bollettini grandiloqui, che ogni uomo s'avvezzasse a non vedere che in lui e nell'esercito che lo seguiva l'

Offertogli di attendere all'armamento della flotta minuscola rimasta dentro l'Arsenale, egli accettò subito l'incarico, deliberato però ad arruolarsi più tardi nell'esercito di terra, se, com'egli temeva, non c'era da far nulla sul mare. Naturalmente, durante il suo soggiorno a Venezia, egli abitava presso la famiglia, da lui non più riveduta dopo il disgraziato matrimonio della sorella.

Il re trovò che il suo paggio non aveva la vocazione voluta per servire in una Corte bigotta e triviale come la sua, e gli dette congedo. Il conte di Cavour se ne vendicò dicendo: Che gli avevano ritirato il basto. Ritornò al collegio militare, ed a diciotto anni ne uscì col grado di luogotenente del genio. Ma il signor conte non fu più fortunato nell'esercito, che non lo era stato alla Corte.

Allora corse a ritroso, col pensiero, in tutti gli anni che aveva sciupati, e pensò che lui pure, se avesse voluto, avrebbe potuto diventare qualche cosa... Un prefetto, un diplomatico, almeno un deputato!.... Se fosse entrato nell'esercito, a quell'ora avrebbe potuto essere maggiore... colonnello e forse, chi sa, anche generale, e comandar lui tutta quella gente!...

Tanto sparito, che non se n'erano più avute novelle. Se il conte Gino avesse avuto un'oncia di cuore, se avesse inteso il dover suo, si sarebbe arruolato in un reggimento piemontese, o nell'esercito di Garibaldi; avrebbe fatta la sua brava campagna, e presa magari in petto la sua brava palla, redentrice d'ogni colpa.

Tutti i giorni, durante la guerra del 59, perchè la nostra è una storiella vecchia, egli, a sentirlo dire, voleva passare il confine, emigrare in Lombardia, correre in Piemonte, entrare nell'esercito, arruolarsi con Garibaldi.... e invece restava sempre fermo al di qua del Garda, non decidendosi mai al salto del Rubicone, brontolando con le sue amiche contro il Comitato segreto, che non sapeva cogliere il momento buono per farlo scappar via.

Il comandante d'una fregata come la Borbona a bordo è un sovrano, e non abbisogna per ciò essere un Nelson. La rigorosa disciplina, ancor più facilmente attuabile sui bastimenti da guerra che nell'esercito, fa che ognuno deve ubbidire al capo, inesorabilmente.