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Aggiornato: 19 settembre 2025
Ma i nostri concittadini ci terranno, noi lo sappiamo, conto del sacrificio. «A noi basta per ora, o signori, protestare solennemente in faccia all'Italia e all'Europa e a quiete della nostra coscienza. Il buon senso della nazione e l'avvenire faranno il resto».
Restaci nondimeno a vedere una parte, alla quale pare che dirizzi l'animo ciascuno che il presente libro legge, e quella disidera di sapere; cioè quello che l'autore abbia voluto sentire per quello veltro, la cui nazione dice dovere esser «tra feltro e feltro». E, per quello che io abbia potuto comprendere, sí per le parole dell'autore, sí per li ragionamenti intorno a questo di ciascuno il quale ha alcun sentimento, l'autore intende qui dovere essere alcuna costellazion celeste, la quale dee negli uomini generalmente impriemere la vertú della liberalitá, come giá è lungo tempo, e ancora persevera quella del vizio dell'avarizia.
Il trattato era dunque onorevolissimo, anche utile, anche progressivo. Ma era perduta per compiere l'indipendenza la grande occasione che la nazione era in armi contro al signore straniero. Né l'occasione tornò mai piú per seicentosessantacinque anni.
BRUNO SPERANI è veramente italiana; e nel suo lavoro lo spirito sereno e bene equilibrato della nostra nazione si afferma contro le esagerazioni, pur geniali, dei nostri fratelli d'oltr'alpi.
Venite a noi, Manin; date il nome vostro a norme siffatte; la Nazione dimenticher
Se la nazione scoteva il capo al nome di Luigi il Grosso e di San Luigi e degli altri illustri antenati, che il re pronunziava volentieri, molti personaggi della Real Casa, però, non avevano mai sentito far parola del maresciallo Ney, e anche i più notevoli degli emigrati, come Richelieu, stavano lì perplessi, ignoranti fino al ridicolo dell'anima nuova di questa giovine Francia, che non avevano più calcata in venticinque anni di prodigiosi trasmutamenti.
Soltanto l'eccesso della politica depravazione rovina a bella posta il traffico e la cultura di un paese per fiaccarlo: soltanto più tardi sentì la Lombardia la silenziosa oppressione di governi che, senza individualmente uccider nessuno, dissanguavano l'intera nazione.
La Nazione non avr
La prima guidava a fondar la Nazione; la seconda all'ampliamento della Monarchia Sarda, finchè tutto quanto il Paese si confondesse successivamente, annettendosi ad essa.
Solo un governo dotato di ardimento, che avesse fatto tutt'uno con la nazione, avrebbe potuto salvare lo stato da cotesta situazione umiliante. Ma i Borboni non vollero mai e non poterono farsi un cuore col proprio popolo, anzi sotto Carlo X la diffidenza verso il paese della Rivoluzione si manifestò sfacciata: «io mi sento interamente elvetico», disse quel cieco principe alla sua guardia svizzera. La grande turba degli emigrati continua come prima a tramare i suoi vecchi bassi intrighi, viaggia per implorare l'aiuto straniero e accusare presso gli stranieri la propria patria. Bergasse, quello stesso matto, che un tempo aveva influito alla corte contro i consigli di Mirabeau, nel settembre del 1820 presentò allo czar un memoriale: che la Francia era il covo di tutte le cospirazioni europee, che la casa dei Capetingi, essendo la più antica delle dinastie, era il principale bersaglio dello spirito settario; che era necessario un congresso che sbandisse solennemente le dottrine dell'ateismo e del sovversivismo, e via di questo passo. Il conte Jouffroy comparve al congresso di Verona come rappresentante di un così detto comitato realista, ed espresse il desiderio, che le potenze orientali guarissero il gabinetto di Parigi delle sue debolezze liberali; e che Villèle dovesse agire come ministro della Santa Alleanza, non gi
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