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Aggiornato: 1 giugno 2025
"Il riso lascivo si era mutato in una voce distinta come una cantilena, e quella voce usciva dalle labbra di quella fata. "Diceva: "Io sono impudica come Pasife, io sono casta come la Sibilla, io sono forte come Ippolita, io sono sapiente come Minerva: io sono eterna!" Due pagine intere di questo tenore! E, prima, aveva fatto lo stesso: "Ma le onde battevano su la scogliera.
Te lo farò io, un discorso sulle spese segrete! ah tu credi proprio ch'io sia una stupida? che non veda niente? Che non m'accorga di niente? Lunedì tu avevi tremila lire, nel tuo portafoglio; ieri, non ci avevi più che mille e settecento lire. Moglie mia, abbiamo deciso alla Minerva di non far quistioni di portafogli. LA SIGNORA. Che ne hai fatto di 1300 lire in ventiquattr'ore?
Gino, allegro e superbo della sua piccola audacia, vogava arditamente, contemplando la fanciulla, che stava seduta a poppa, con una mano penzoloni fuori del capo di banda, sfiorando l'acqua fresca col sommo delle dita e segnando lo specchio azzurro d'una piccola striscia d'argento. Voi siete Minerva, o la saviezza incarnata; disse Gino alla fanciulla.
Il Venosa tenea sempre gli occhi affissati su la scollatura amplissima, che facea l'abito della principessa. Guardava le spalle di lei, simili a quelle di un'antica Minerva, quel seno procace, che ella voleva tanto ammirato e discopriva sì facilmente, come se il credesse opera d'arte perfetta da non doversi tener celata. Ed era tale.
Poco stante trovò mezzo di riappiccare il filo e di parlarmi ancora dei cavalli e dell'oste suo padrone; e com'ebbe finito di lavare il carrozzone, levandosi ritto: Che ne dite di Veloce? mi chiese. Nè io seppi davvero dirne nulla: ma pensando ad Ercole, a Minerva, a Narciso, non poteva certamente andare molto errato nel pronostico del mio viaggio.
Però la maschile fierezza, aveva tentato di venire in soccorso del ferito Pittore, ma egli che poco prima, si era confortato di Apollo, di Minerva e di Marte, abbandonò quei suoi primi auspici, per seguire a capofitto Venere, non conoscendo bene ancora il proprio labirinto amoroso, dal quale, ad onta de' suoi sforzi, non sarebbe escito, se non colle ossa sconquassate.
Ma non dovremo sghignazzar del pari ancor noi, allorché tu ci presenti una povera monachetta sacra a Maria ed a Cristo sotto il nome di «vestale»? allorché di due giovinetti, che si legano in matrimonio innanzi al curato, tu ci parli come di due, che, «coronati di rose», si giurano fede innanzi «all'ara d'Imeneo»? allorché d'un professore dell'universitá dici ch'egli è un «sacerdote di Minerva», e va' discorrendo?
in su la sponda del carro sinistra, quando mi volsi al suon del nome mio, che di necessita` qui si registra, vidi la donna che pria m'appario velata sotto l'angelica festa, drizzar li occhi ver' me di qua dal rio. Tutto che 'l vel che le scendea di testa, cerchiato de le fronde di Minerva, non la lasciasse parer manifesta,
Io vengo a replicar su questa bara Le tue parole; io compio il tuo desìo.... E sento, amico, che mi è meno amara L'ultima volta che ti dico: Addio! Questi versi vennero letti dall'autore il giorno 28 dicembre 1875 sul feretro del poeta delle Penombre. Fra le colonne d'un bianco tempio Sacro a Minerva, la Dea propizia Ai savî, austera Dea, Pensieroso sedea
Facevo parte, col Panzacchi e lui, della commissione esaminatrice degli scritti per la gara finale dei Licei del regno, nella quale il Ministero della Istruzione pubblica concede una medaglia di oro. Ci riunivamo in una sala della Minerva due volte il giorno. Gli scritti da esaminare erano una sessantina. Il Panzacchi aveva fretta di tornare in Bologna, e appena gli capitava in mano uno scritto che dalle prime tre o quattro pagine si palesava molto mediocre, tale da non presentare nessuna probabilit
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