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Aggiornato: 4 luglio 2025


Io mi maravigliavo ben, io! Sará pur vero quello ch'io mi pensavo. Orsú! Perdonategli: che volete fare? In ogni modo, questa chiappola d'Isabella non vi volse mai bene. FLAMMINIO. Tu dici il vero. PASQUELLA, CLEMENZIA, FLAMMINIO, LELIA da femina e CRIVELLO. PASQUELLA. Lasciate fare a me: ché gli dirò quanto me avete detto, ché ho inteso. CLEMENZIA. Questo è, messer Flamminio, il vostro Fabio.

Dico ch'io son forzato ad amar quest'altra ed adorarla; e non posso so voglio pensare ad altri che a lei. E però tornagli a parlare e vede se gli puoi cavare di bocca destramente quel ch'ella ha con me, ch'ella non mi vòl vedere. LELIA. Voi perdete il tempo. FLAMMINIO. E perder questo tempo mi piace. LELIA. Voi non farete nulla. FLAMMINIO. Pazienzia! LELIA. Lasciatela andar, vi dico.

FLAMMINIO. Perché sei stato tanto a tornare? Tu vorrai diventar un forca, ? LELIA. Io ho indugiato perch'io volevo pur parlare a Isabella. FLAMMINIO. E perché non gli hai parlato? LELIA. Non mi ha voluto ascoltare.

LELIA. Sète forse aspettata dal guardian di San Francesco? o pure andate a trovar fra Cipollone? CLEMENZIA. Doh! che te venga la febre ben ora! Che hai a cercar tu i fatti miei dov'io vo dov'io stia? che guardiano? che fra Cipollone? LELIA. Oh! Non v'adirate, mona Molto-mena-e-poco-fila. CLEMENZIA. Per certo, io conosco costui; e, non so dove, mi pare averlo veduto mille volte.

VIRGINIO. Orsú! Andate a casa, voi altri, e ponete giú l'armi e portatemi la mia veste. PEDANTE. Fabrizio, viene a conoscer tuo padre. VIRGINIO. Oh! Questa non è Lelia? PEDANTE. No; questo è Fabrizio. VIRGINIO. O figliuol mio! FABRIZIO. O padre, tanto da me desiderato! VIRGINIO. Figliuol mio, quanto t'ho pianto! GHERARDO. In casa, in casa, ché tu sappia il tutto.

Come, tu cittadina di Ersbia e di Egeria osi parlare così!? Tu non sai come fare per parlare il linguaggio di una pudica matrona: ma non dici nulla di più tenero quando i desiderii ti tormentano? Va, Lelia, quand’anche giungesti a saper a mente Corinto, non sarai mai Lais!».

GHERARDO. Dall'ostaria del «Matto», che v'andai con Virginio. CLEMENZIA. Beveste? GHERARDO. Un trattarello. CLEMENZIA. Or andate a dormire, ché voi n'avete bisogno. GHERARDO. Fammi veder un poco Lelia prima ch'io mi parti; ch'io gli vo' dare una buona nuova. CLEMENZIA. Che nuova? GHERARDO. Gli è tornato suo fratello sano e salvo e che 'l padre l'aspetta all'ostaria. CLEMENZIA. Chi? Fabrizio?

Dice la mia padrona che ti prega che tu venga tosto fin a lei, ché suo padre non è in casa e ha bisogno di parlarti d'una cosa ch'importa. LELIA. Digli che, se non si leva dinanzi Flamminio, che perde il tempo: ché la sa ben ch'io mi rovinarei. PASQUELLA. Viene a dirgliel tu. LELIA. Io dico che ho altro da fare. Non odi? PASQUELLA. E che hai da fare? Dacci una corsa; e tornarai subito. LELIA. Oh!

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