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Se mi cascano sotto l'ugne, questi figli di Bruto.... C'è il Garasso? chiese Lorenzo, che metteva i nomi dove il Martini non aveva messo altro che gli epiteti. E il Dellaquinta e il Gasperini, ci sono? Neanche l'odore! rispose il buon popolano. Gi

Non posso saper io la cagion della tua rabbia? sbuffi, e mordi l'ugne: hai meco alcuna cosa? Se tu sapessi da quanta angoscia e tribulazione è afflitta l'anima mia, n'avessi compassione; però di giá vattene, ch'io me la torrei con le mosche. Ma ecco quel traditore! FORCA. Fermate, padrone: che volete fare? PIRINO. Romperti la testa.

Meglio di costoro l'inferno con tutte le sue orribili scotature come è descritto da codesti adoratori del ventre e delle lussurie. Giammai sotto l'ugne del leone o del tigre un innocente agnello trovassi a mal partito! Il Gesuita fra quelle due bagatelle d'amici tremava da capo a piedi, e prima che veruna interrogazione gli venisse fatta, esclamò: «La vita! la vita!... per amor di Dio!

Una crudel, che Erifilla si chiama, difende il ponte, e sforza e inganna e fura chiunque andar ne l'altra ripa brama; ed ella è gigantessa di statura, li denti ha lunghi e velenoso il morso, acute l'ugne, e graffia come un orso. 79 Oltre che sempre ci turbi il camino, che libero saria se non fosse ella, spesso, correndo per tutto il giardino, va disturbando or questa cosa or quella.

FR. Maravigliomi, vedendoti pratico ne' poeti, che tu non abbi letto come anticamente le streghe si solevano cacciare dagli usci con una mazza di spina bianca, e che sono uccelli ingordi col corpo grosso e gli occhi fissi, incavati, il becco torto, le penne macchiate di bianco, e l'ugne adunche, e che si chiamano streghe dall'orribile stridire che fanno di notte: vedi adunque che pur si trova scritto come ella si chiami, e perchè, e qual natura, e qual forma sia la sua.

Cencio, tra l'ugne di una tigre o tra gli abbracciamenti del re delle foreste avrebbe corso meno pericolo che non tra le mani del principe della campagna di Roma, che l'aveva agguantato al collo. Ma Attilio, con modo gentile: "Fratello, disse ad Orazio, abbi pazienza, lasciamolo parlare". Veramente spacciato Cencio, addio rivelazioni.

Egli era indiziato come uno di coloro che avevano avuto mano nel tentativo; ma dalla istruttoria del processo niente era venuto fuori contro di lui. Certo, se avessero potuto mettergli l'ugne addosso, l'avrebbero fatto; l'avrebbero interrogato minutamente e messo a raffronto cogli altri carcerati.

Pei corritoi si sentirono i passi frettolosi dei padri che accorrevano; e un aprirsi di celle, e un interrogarsi da un capo all'altro che fosse; tutta la frateria fu in un baleno sossopra. Ai quattro giovani, cominciarono a tremare le gambe, per lo sbarraglio cui s'erano posti; ma fattisi animo, aprirono la finestra della cella, un dopo l'altro saltarono nell'orto, e all'ultimo mise l'ali un grido selvaggio, del padre Anacleto. Perchè un raggio di lume dal corritoio, si era posato per la toppa sul ventre del frate; il quale capita a un tratto la brutta canzonatura, si volse imbestialito per acciuffare il primo dei ribaldi che gli fosse caduto tra l'ugne. Ma i birboni non v'erano più.... Ahimè! E la frateria affollava l'uscio; la voce del guardiano, chiedeva al padre Anacleto che aprisse; i guatteri, il cellaio, i cuochi, andavano di su, di giù, bracaloni pel chiostro; e si fu appena a tempo di fermare il sagrestano che gi

Or mira questi, or quelli morti, e muove, e vuol le piaghe misurar con mano, mosso da strana invidia ch'egli porta al cavallier ch'avea la gente morta. 37 Come lupo o mastin ch'ultimo giugne al bue lasciato morto da' villani, che truova sol le corna, l'ossa e l'ugne, del resto son sfamati augelli e cani; riguarda invano il teschio che non ugne: così fa il crudel barbaro in que' piani.

L'alaccie grandi avean, deformi e brutte; le man rapaci, e l'ugne incurve e torte; grande e fetido il ventre, e lunga coda, come di serpe che s'aggira e snoda. 121 Si sentono venir per l'aria, e quasi si veggon tutte a un tempo in su la mensa rapire i cibi e riversare i vasi: e molta feccia il ventre lor dispensa, tal che gli è forza d'atturare i nasi; che non si può patir la puzza immensa.