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Aggiornato: 4 giugno 2025
Oggi gran rumore nel palazzo, a cagione del primo ed unico tentativo di conquista amorosa, fatto da un cristiano del basso personale dell'ambasciata. Questo buon giovane, al quale cominciava a pesare, a quel che sembra, la vita diplomaticamente austera che si mena da quaranta giorni; avendo visto, non so di dove, una bella mora che passeggiava in un giardino, pensò (tutti hanno le loro debolezze) ch'essa non avrebbe potuto resistere alle attrattive della sua bella persona, e senza badare al pericolo s'insinuò per un buco del muro nel recinto vietato. Se, giunto in cospetto della ninfa, abbia fatto una dichiarazione d'amore od abbia tentato di sopprimere il preambolo, se la ninfa gli abbia prestato orecchio pietoso o sia fuggita strillando, non si sa, poichè tutto, in questo paese, è mistero. Si sa però che tutt'a un tratto sbucarono di dietro a un cespuglio quattro mori armati di pugnale, due dei quali gli si slanciarono contro da una parte e due dall'altra; e che il malcapitato seduttore o non sarebbe più uscito del giardino, o ne sarebbe uscito con qualche occhiello nelle reni, se non fosse comparso improvvisamente il caid Hamed-Ben Kasen Buhammei, il quale arrestò con un gesto imperioso i quattro cerberi, e diede modo al fuggitivo di riportare la pelle intatta al palazzo. La notizia dell'avvenimento si sparse, ci fu un sottosopra, il colpevole ricevette una solenne ammonizione in presenza di tutti e il Comandante, sempre spiritoso, gli fece per giunta un sermoncino che gli produsse un'impressione profonda. Che le donne degli altri, e particolarmente le donne dei mussulmani, bisogna lasciarle stare; che quando si è con un'ambasciata europea nel Marocco, bisogna far conto di non esser più un uomo; che nei paesi maomettani queste quistioni di donne finiscono facilmente in quistioni politiche; e che sarebbe una bella responsabilit
Povero Hamed-Ben Kasen Buhamei! Finora io non ne ho parlato che di volo; ma ricordandomi che quella mattina lo vidi, lui generale dell'esercito dei Sceriffi, aiutare i servi a piantare i piuoli della tenda dell'Ambasciatore, sento il bisogno di esprimergli la mia ammirazione e la mia gratitudine. Che buona pasta di generale! Dal giorno della partenza egli non aveva ancor fatto bastonare nè un soldato nè un servo; non s'era mai mostrato un minuto di cattivo umore; era sempre stato il primo ad uscir dalla tenda e l'ultimo a andar a dormire; non aveva mai lasciato trapelare, nemmeno agli occhi più indagatori, che il suo stipendio di quaranta lire il mese gli paresse un po' scarso; non aveva ombra d'albagia; ci aiutava a montare a cavallo, s'assicurava che le nostre selle fossero salde, dava una legnata, passando, alle nostre mule restie; era sempre pronto a tutto e per tutti; si riposava, accovacciato come un umile mulattiere, accanto alle nostre tende; ci sorrideva ogni volta che ci vedeva sorridere; ci offriva del cuscussù; balzava in piedi, a un cenno dell'ambasciatore, come un fantoccio a molla; faceva la sua preghiera, da buon mussulmano, cinque volte il giorno; contava le uova della muna, presiedeva allo sgozzamento dei montoni, guardava l'album dei pittori senza dar segno di scandalo; infine era l'uomo più ad hoc, io credo, che sua Maest
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