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La madre e i tre figli stavano tuttavia inginocchiati al luogo stesso; gli occhi del vecchio s'eran richiusi; ne più s'udiva che il greve e affannato suo respiro. Passata che fu mezz'ora, l'infermo tornò a sollevarsi da ; e facendo un piccolo cenno della destra, disse: Damiano! Era il nome del suo figlio maggiore.

Voleva essere sola; perchè non la lasciavano sola?.... Quel giorno poi non si sentiva punto bene. Aveva la testa greve; le correvano i gricciori per la vita, e nello stesso tempo, le scottavano le mani, il capo, tutto il resto del corpo.

A pena riconobbi nell'andito il passo greve della nutrice, le andai in contro. Mia madre non la seguiva. Senza guardarla in faccia, le dissi: Dorme ancora. E m'allontanai rapidamente: salvo!

Non sapevano andare avanti. Sedete dunque, ella gli disse. Ma quando fu seduto, si sentirono entrambi così lontani l'uno dall'altro, ad una tale distanza, che non avrebbero più potuto farla sparire: ella dentro a quella pelliccia, dalla quale non sporgeva che la testina sofferente, era ripresa dal freddo. Poi una tristezza insopportabilmente greve le cadde sull'anima. Egli se ne accorse.

Caccianli i ciel per non esser men belli, lo profondo inferno li riceve, ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli». E io: «Maestro, che è tanto greve a lor che lamentar li fa forte?». Rispuose: «Dicerolti molto breve. Questi non hanno speranza di morte, e la lor cieca vita è tanto bassa, che ’nvidïosi son d’ogne altra sorte.

E d'una principessa innamorata, Da ognun respinta e fiera del suo fallo... E la descrive amazzone, a cavallo Passare per la strada ombreggïata Amorosa sedere in sul terrazzo All'ora del tramonto a Lui vicino, Poi sollevare uscendo dal giardino Con la piccola mano il greve arazzo.

Caccianli i ciel per non esser men belli, lo profondo inferno li riceve, ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli». E io: «Maestro, che è tanto greve a lor che lamentar li fa forte?». Rispuose: «Dicerolti molto breve. Questi non hanno speranza di morte, e la lor cieca vita è tanto bassa, che ’nvidïosi son d’ogne altra sorte.

La bianca terra di Guipuzcoa nascondeva tra vecchie muraglie i suoi fragranti gelsomini, le sue pazze tuberose. Qualche vecchio mendicante, in cenci, aspettava di andar zoppicando a chiamare un «coche». Col suo bastone frugava la terra per raccogliere le sigarette spente. Si udiva ogni tanto, sul terrazzo del primo piano, fra il tintinnìo de’ bicchieri, uno scoppio di risa femminili. Dal vecchio porto saliva, nei vortici d’aria notturna, un greve odore salmastro d’alghe marine. La citt

Ond’ io: «Maestro, , qual cosa greve levata s’è da me, che nulla quasi per me fatica, andando, si riceve?». Rispuose: «Quando i P che son rimasi ancor nel volto tuo presso che stinti, saranno, com’ è l’un, del tutto rasi, fier li tuoi piè dal buon voler vinti, che non pur non fatica sentiranno, ma fia diletto loro esser pinti».

Io sono al terzo cerchio, de la piova etterna, maladetta, fredda e greve; regola e qualit