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Aggiornato: 1 maggio 2025


Il piccolo spazzacamino rise dall'allegrezza godendosi quella mimica, e battè soddisfatto le manine ghiacce marmate, quando il funambolo cominciò a salire adagio adagio sulla colonna dondolante.

Essa mangiava quietamente, silenziosamente ed anche con discreto appetito, godendosi a rosicchiare i grissini. Giacomo scambiò ancora qualche parola, poi raggiunse gli amici, che si erano alzati, e uscì con loro. È un grande chiacchierone, ma ha un certo spirito!... esclamò il duca Prospero, appena il Vharè fu scomparso. Il Della Valle approvò sorridendo, e non disse un ette contro il Vharè.

Era il nome che egli nella caldezza del suo amore per quell’Alpe le aveva imposto, che aveva serbato fino allora per solo, godendosi la dimestichezza di fare a nomignoli colla montagna; ma venutogli il destro di registrarlo e di eternarlo forse sulle carte, egli lo aveva colto di volo colla prontezza accorta degli innamorati che hanno sempre sveglia la cura esaltatrice.

Era adesso tutto intento nel metterle in bell'ordine un copiosissimo album di francobolli, e per averne i più rari, aveva scritto apposta a un suo amico del Ministero degli Esteri. Ballava con lei tutta sera, le impegnava persino il cotillon, godendosi a scherzare, a ridere, a prenderla in giro, affibbiandole sempre i ballerini più vecchi, più grassi e più ridicoli per suoi adoratori.

Con tutto ciò, è naturale, in quel vivaio di adoratori, Giacomo di Vharè fu il primo e il solo che arrivò a farsi notare dalla duchessina. Lalla scherzava sempre, era con tutti amabile e civettuola; ma, sicura del fatto suo, non ci pensava più che tanto a quelle farfalle che si bruciavano le ali attorno alla sua fiamma, o se ne occupava appena per contarle. Col marchese, invece, la cosa era ben diversa; con lui diventava seria, non era più motteggiatrice, chiacchierina, ma lo ascoltava attenta coi grandi occhi fissi. Il marchese di Vharè, a poco a poco, si abituava a quella bambina, cominciava a trovarsi bene con lei, ad accorgersi ch'ella avea molta intelligenza e molto spirito, e la stuzzicava a proposito del suo sentimentalismo di fanciulla bionda, e del suo clericalismo di duchessina legittimista, godendosi a sentirla ragionare così composta, così aggraziata, con la voce dolce, d'argento che accarezzava l'orecchio come una musica. A farle la corte non si provava nemmeno: gli pareva impossibile di poter riuscire interessante lui, non più giovane, a quel fiorellino pallido e delicato, che sbocciava allor allora, fragrante di soavit

Lo avrebbe ceduto magari ad uno qualunque dei quattro commendatori!... Il modesto sindaco di Santo Fiore si sarebbe trovato assai meglio, nascosto in un cantuccio, godendosi a tutto suo agio quelle vivande così prelibate che il signor Francesco gli era andato descrivendo da tanti giorni, degnandosi anche d'indicargli quelle in cui avrebbe dovuto di preferenza mettere i denti.

La sera era placida, il cielo pieno di stelle, i campi odoravano soavemente. Ne' villaggetti che attraversavano, i contadini sedevano ancora presso alle porte, godendosi la fresca aria notturna. Lungo tutta la strada incontravansi in allegre brigate, che a piedi od in vetture, ritornavano dalla sagra.

Parola Del Giorno

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