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Aggiornato: 23 maggio 2025


Scusi, signorina, balbettò l'Ariberti, impacciato come un pulcino nella stoppia; cercavo un amico che abita qui... il signor Filippo Bertone. Qui non abitano Bertoni; diss'ella, ma senza aver l'aria di mandarlo via; ci abito io, Giuseppina Giumella, fiorista presso madama Falcheri, in via Doragrossa, numero 15.

Giuseppina ricevette le visite di tutti gli antichi amici, li accolse con affettuosa cortesia, ma dopo che erano partiti faceva le meraviglie trovandoli tanto invecchiati.

La signora Giuseppina lo ringraziava del bene che aveva avuto da lui e giurava che gliene sarebbe stata riconoscentissima «fino all'estremo anelito»; la qual frase faceva testimonianza d'una certa coltura letteraria, raspata nei libretti d'opera. Finiva pregandolo caldamente a voler passare da lei, per una cosa di molta importanza che aveva a dirgli.

Le figure che spiccano al primo piano, in piena luce, sono quelle dell'avvocato Malpieri e della Giuseppina; le altre sono tutte episodiche, ma non per questo meno efficacemente ritratte. L'ambiente giornalistico, i maneggi politici, la vita pubblica d'un grande centro sono riprodotte dal vero con grande maestria.

La nonna ci accompagnò in anticamera, ma sentendosi soffocare dall'emozione, baciò più volte la Giuseppina, la strinse al seno teneramente, e ritornò presso il malato. L'Agata aveva dimenticato i pericoli del marito per occuparsi intieramente della figlia che stava per lasciare. Quella separazione lacerava crudelmente il suo cuore, eppure si forzava di dissimulare il dolore per non aggravare quello della sua creatura, gi

Giunto al villaggio, trovai l'Agata che piangeva nella braccia di sua madre; il mio povero suocero era agli estremi, tuttavia mi riconobbe, mi sorrise tristamente, e con voce semispenta mi chiese nuove di Giuseppina.

Un'ora dopo l'arrivo la cena era pronta, e ci sedemmo intorno al solito tavolo rotondo del tinello, ma il posto vuoto del povero nonno Nicola ridestò il dolore della sua perdita, e Giuseppina, non potendo più oltre frenare l'affanno che l'opprimeva, diede in uno scoppio di pianto. Ci volle molto tempo a calmarla, pareva che i singhiozzi la soffocassero.

Essa ne rimase colpita ed esclamò: Maledetta finestra!... sentivo dentro di me che mi doveva essere fatale!... Corse subito dalla Giuseppina, che si gettò nelle braccia materne piangendo. Piansero insieme, mentre io faceva i preparativi della partenza. Alla mattina seguente, lasciando la casa in custodia alla Veronica, prima del levar del sole eravamo in vettura. Il viaggio fu malinconico.

Di questa guisa, tra l'immagine della marchesa e quella di Giuseppina Giumella, che la sua ferace fantasia accoppiò per alcuni momenti in un medesimo intrigo, tra gli zitti della vigilia e la visita del giorno imminente, il nostro eroe dormì poco e balzò dal letto più presto del solito.

La vita intima e solitaria sprona naturalmente alle confidenze. Parlavamo con mia moglie del passato, dei parenti morti, dei giuochi d'infanzia, delle prime conoscenze, si voleva che nulla rimanesse segreto fra noi. Agata mi raccontò i primi anni della sua vita, passati come la nostra Giuseppina fra le carezze dei genitori e i fiori del giardino; la sua dolorosa partenza pel collegio di Como, i giuochi colle compagne, le amicizie, le gelosie di quel piccolo mondo, i sogni color di rosa dell'educanda, il lieto ritorno alla casa paterna, i giorni sereni passati accanto alla madre, le occupazioni della vita domestica, i piaceri del giardino e dell'orto, i passeggi, le letture, le opere di carit

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