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Aggiornato: 1 giugno 2025


Il suo sgomento, il suo tormento, era che cercassero, che scoprissero Le notti di Giuliana. Ma allora sarebbe passato per ladro col libraio, coi professori, coi suoi compagni e coi parenti di don Giuseppe... con tutti quanti! Il cambio colla grammatica l'avrebbero creduta una storiella! Ladro! Ladro! Ladro! e immaginava quella parola "Ladro!"

Senza riflettere, per un bisogno istintivo di rilevare davanti a Giuliana la mia superiorit

M'avvicinai, io stesso la riadagiai supina, le toccai la fronte, le domandai con dolcezza: Che hai, Giuliana? Non so. Ho paura.... Di che? Non so. Non ne ho colpa; sono malata; sono così. Ma i suoi occhi vagavano invece di fissarmi. Che cerchi? Vedi qualche cosa? No, nulla. Le toccai di nuovo la fronte. Aveva il calor naturale. Ma la mia imaginazione incominciava a turbarsi.

Il pensiero del veleno mi balenò; e in quell'attimo ella non potè frenare un altro grido; e, fuori di per lo spasimo, si gittò sul mio petto perdutamente. Oh Tullio, Tullio, aiutami! aiutami! Agghiacciato dal terrore io rimasi un minuto senza poter proferire una parola, senza poter muovere le braccia. Che hai fatto? Che hai fatto? Giuliana! Parla, parla.... Che hai fatto?

Era di aprile. Eravamo in provincia, da alcuni giorni, io e Giuliana e le nostre due bambine Maria e Natalia, per le feste di Pasqua, in casa di mia madre, in una grande e vecchia casa di campagna, detta La Badiola. Correva il settimo anno dal matrimonio.

Il patto dunque tra me e Giuliana pareva concluso. Ella viveva. Ambedue seguitavamo a vivere simulando, dissimulando.

Il professore, senza alzar gli occhi dal libro, disse: Non credo che facciate al caso nostro. Si cercava una cuoca. Scusi tanto, riprese la Cecchina. Mi era stato detto che si contenterebbe d'un mangiare semplice.... Scusi tanto. E s'avviò verso l'uscio. Ma la zia Giuliana le teneva dietro cogli occhi.

Diede alcune istruzioni, raccomandò la massima cautela, promise di tornare nella giornata. Mia madre non aveva requie. Entrando nell'alcova, io dissi a Giuliana, sotto voce, senza guardarla in viso: Sta peggio.

Mentre io mi levavo impaziente per andare verso la stanza di Giuliana, entrò mia madre commossa dicendo sotto voce: S'è calmata. Ora ha bisogno di riposo. Povera figliuola! Posso andare? le domandai. , va; ma lasciala riposare. Come io mi mossi, ella mi richiamò. Tullio! Che vuoi, mamma? Ella pareva esitante. Dimmi.... Dal tempo dell'operazione, hai più parlato col dottore?

Vedi, non ti lascio; resto con te. Sedetti, aspettai. Lo stato del mio animo era una sospensione angosciosa nell'attesa di un evento prossimo. Io ero sicuro che qualcuno sarebbe venuto a chiamarmi. Tendevo l'orecchio a qualunque lieve strepito. Udivo di tanto in tanto sonare nella casa i campanelli. Udii il rumore sordo d'una vettura su la neve. Dissi: Forse è il medico. Giuliana non fiatò.

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