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Aggiornato: 8 maggio 2025


Ogni parola, una goccia di sangue. Levavo gli occhi alla finestra dello studio, chiusa; e inorridivo. Pensavo a quel racconto, all'urna che custodiva forse il sanguinoso segreto: e fremevo di febbre e di spavento. Due giorni, due lunghi giorni, sostenni l'intima inaudita battaglia.

Si cacciò avanti, ho detto; il sentiero bastava appena per me, ed egli strisciò contro le gambe mie, proprio al momento che io levavo il passo per correr dietro alla mia fuggitiva. Così avvenne che io perdessi l'equilibrio, e mi ritrovassi in acqua prima di aver visto il pericolo. Al tonfo che io feci si volse Galatea, e mise un grido di spavento. Ma il grido non poteva far niente al caso mio.

L'altro al momento in cui mi levavo il cappello per salutare una gentile signorina un libero fumatore del terzo piano mi lanciò sulla fronte scoperta il superfluo della sua salivazione. La si accomodi pure, libero cittadino! anzi.... la mi scusi tanto.

Certe volte, tutto intento ai miei passi, lo scordavo e quando levavo la testa seccato di trovarmi solo, il canale mi appariva vuoto fino alla cima. Dov’era andato colui? Il suo aspetto, la scelta di quella via inusata, la sua andatura, e quello scomparire misterioso, tutto ciò mi metteva in sospetto.

Allora io assumeva un'aria quasi ostile. Fremente di dispetto e d'indignazione, mi levavo d'avanti a Giovanni, con un gelido saluto, e mi rifugiavo nel mio studio. Ma nella solitudine e nel raccoglimento il tormento diventava più penoso e più acuto.

Ero sicuro che l’oste, non mi avrebbe affidato ad un cattivo soggetto, ma questa sicurezza non bastava a tranquillarmi. Seguitavo a salire e quando levavo di nuovo la testa, eccolo un’altra volta a suo posto, ma lontano lontano e sempre incurante di me.

Signor dittatore, la cena in tavola, disse mia moglie svegliandomi. Come Nerone avreste incendiata la vostra Roma, se non levavo in tempo il sigaro caduto sulle lenzuola. Il signor L..., rinvenuto dal sindaco, fornì la mensa di pane, di vino e d'un piatto di calamari e di naselli pescati appositamente.

Mentre io mi levavo impaziente per andare verso la stanza di Giuliana, entrò mia madre commossa dicendo sotto voce: S'è calmata. Ora ha bisogno di riposo. Povera figliuola! Posso andare? le domandai. , va; ma lasciala riposare. Come io mi mossi, ella mi richiamò. Tullio! Che vuoi, mamma? Ella pareva esitante. Dimmi.... Dal tempo dell'operazione, hai più parlato col dottore?

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