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Le tenerezze del padre erano più rare e di più breve durata. Bastava un filo di luce ad impedirle o a soffocarle. Ma la sera qualche volta il pover’uomo spariva furtivamente dalla stalla. Saliva scalzo ed in punta di piedi la scaletta di legno che mette al primo piano, entrava nella stanza maritale dov’era coricato Gian-Paolo, e l

Certe volte, tutto intento ai miei passi, lo scordavo e quando levavo la testa seccato di trovarmi solo, il canale mi appariva vuoto fino alla cima. Dov’era andato colui? Il suo aspetto, la scelta di quella via inusata, la sua andatura, e quello scomparire misterioso, tutto ciò mi metteva in sospetto.

Ma dal lago dov’era, inerpicandosi su per le rupi a picco, i contrabbandieri ascendono al ghiacciaio dell’Aventina in meno di quaranta minuti; tutta la strada è accorciata di tre ore. Il passo fra le rupi è faticoso e difficile, il ghiacciaio in cima è spaccato in mille sensi da crepacci senza fondo, ma i contrabbandieri lo valicano, soli, di notte, con un peso di quattro o cinque miriagrammi sulle spalle. Guglielmo ristette un momento pensoso; se Teresa fosse stata l

Ma dov’era stato per sei anni, e che cosa avea fatto il conte redivivo? Questa era la dimanda che tutti facevano. Fu allora che Enrico Corradengo venne fuori con una storia che mai fino a quel giorno aveva ardito narrare. Ansaldo di Leuca era vissuto pochi istanti ancora, dopo la partenza dei due vincitori dalla quercia di Marenda, ed egli aveva raccolto le sue ultime parole, nelle quali il nome di Morello era alternato col nome di Ugo di Roccam

L’amica dei notturni viandanti, spuntando dietro al castello di Torrespina, facea risaltare nel limpido cielo le opache sue cime, a guisa d’un nero merletto su d’una veste bianca, e mandava uno sprazzo di luce sul sentieruolo, che, costeggiando il fosso, saliva fino in capo all’erta dov’era l’antico mastio della rocca.

Ed ora giunsi vicino alla rupe di Massabielle, dov’era, nei giorni di Bernadette, la caverna de’ caprifogli e degli spini. Lentamente si avvicinava il principio della sera; una fluente musica d’acqua rupestre cadeva dai monti lontani. I bianchi monasteri, alti nella vallata, parevano confondersi tra il color del cielo.

Non era più nel borgo il diácono Ralph. Dov’era il diácono Ralph?... Mi slacciai la gonna, mi slacciai la camicetta, mi tolsi le forcelle dalle trecce, ad una ad una. Così facendo pensavo alle ragazze che sono tranquille, che non hanno bisogno d’amore, che vanno a letto con un po’ di civetteria, ma senza mai sentirsi così male...

In breve Nuto e Musone eran giunti presso il castel di Damiata. Dov’era egli questo castello? A chi apparteneva? Perchè vi venivano?

Altra cagione di sgomento fu il giorno 11 di settembre, a cento cinquanta leghe dall’isola del Ferro, quando videro galleggiare sulle acque un pezzo d’albero di gabbia. Così ad occhio e croce si poteva giudicarlo appartenuto ad un naviglio di cento venti tonnellate. Ma il naviglio, dov’era? Sicuramente sprofondato negli abissi dell’Oceano. Ugual sorte non era riserbata anche a loro?

Andavano, ho detto, di buon passo, ma non di buona voglia ambedue; chè l’uno pareva trascinar l’altro quasi riluttante, o almeno infastidito di quella briga ch’ei si era tolto di seguire il compagno. Come furono giunti a mezza l’erta, il primo si fermò, e additando il muro del castello dov’era aperto un verone illuminato, disse al vicino: