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Aggiornato: 20 maggio 2025
Gisella era stata immobile, silenziosa, a sentire il suo ragionatore ostinato. Quanto discorrere per una semplice domanda di donna ignorante; diss'ella, come le parve che egli avesse finito. Rizio, non lo farò più; crederò ciecamente, in attesa di questo miracolo.
Sapete, disse un giorno Gisella, cogliendo a volo negli occhi di Maurizio uno di quei lampi che parevano illuminare di tetra luce il fondo del cuore, sapete che alle volte, stando qui accanto a me, mi avete l'aria d'un condannato?
La contessa Gisella ritornò molto tardi dalla sua impresa ecclesiastica. Era contenta dei fatti suoi, e non mostrò di badar più che tanto al muso del generale, che all'arrivo di lei aveva creduto necessario di ridiventare più arcigno. Portava notizie della funzione, e le snocciolava allegramente al signor di Vaussana. Aveva veduto tutto, osservato tutto, con l'attenta curiosit
La contessa Gisella andò altre volte in chiesa, quantunque don Martino, arciprete di San Giorgio, non le paresse il più bello tra i ministri di Dio. Il generale si seccava di quel capriccio, ritornante ogni domenica; ma non protestava più tanto forte. Maurizio frattanto raccomandava prudenza. Vedi? le diceva. Egli accuser
Non lo dire, e non lo far dire da me; rispose Maurizio, vedendo che Gisella si era recato l'indice alla fronte. Coloro che vogliono collocare le facolt
Graziosa nelle movenze, leggera nel passo, vestita di bianco, ma con certe screziature di rosso; i due colori che le piaceva di accoppiare nel suo vestiario, e che andavano a maraviglia con quella sua figura giovanile; rosso il nastro del suo cappellino di paglia, rosso l'ombrellino che si spandeva come il calice di un bel rosolaccio sulla sua testa dorata; così vedeva egli Gisella, così aveva l'illusione d'esserle ancora vicino.
Al silenzio del suo compagno, Gisella si avvide di averlo ferito. Ma se dico per ridere! esclamò. Ti amo tanto! Abbracciami, Maurizio, abbracciami qui, al sereno del cielo. Il pastore ha gli occhi da quell'altra parte.
Poco stante, salutata la Biancolina e accarezzati i bambini, si avviò con Gisella verso il balzo dell'Aiga; la stessa strada per cui era venuto. Andarono per un tratto in silenzio. Gisella, passava di l
Più tranquillo da quel lato, Maurizio ripigliò la via del paese. Sulla piazza gli venne veduto il Pinaia, che stava seduto a prendere il fresco sull'uscio della sua bottega. Mentre il fornaio si alzava a mezzo, per fargli di berretto, un'idea passò veloce per la testa a Maurizio. Sì, certo, bisognava associarsi alle buone opere della contessa Gisella. Chiamò il fornaio e lo condusse in disparte, entrandogli subito del caso di quella povera gente. Ah, sì, povera gente! rispondeva il Pinaia, che da quell'orecchio era un po' duro. Gli erano debitori d'un semestre, e maturato da un pezzo; ancora un po' che aspettasse, gli sarebbero stati debitori di tutta l'annata, cinquecento lire, a non contare l'interesse della moneta. E non c'era verso di spillar loro un centesimo. Ma quella povera mucca morta! ribatteva Maurizio; l'altra col latte guasto, che non si poteva farne nulla; e la moglie ammalata! Tutte scuse, tutti pretesti. La mucca era morta da cinque giorni, se mai, e il semestre lo dovevano da due mesi. L'altra mucca aveva il latte guasto, ma si aspettava un vitello. Quanto alla moglie ammalata, vecchia storia! Gi
Quanto a me, disse Gisella, è un altro affare. Io non passo mai di qua senza fermarmi al Martinetto, per salutar Biancolina. Del resto, soggiunse cerimoniosa, ci ho guadagnato d'incontrarvi e di avere un buon compagno per la discesa. Venite dunque, Vaussana, e faremo anche il giro più largo. Così mentir
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