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Aggiornato: 4 giugno 2025
Dall'una parte sta la fame e dall'altra la forca; e l'una e l'altra mi spaventano e mi minacciano. La fame uccide subbito, la forca ci vuol tempo a venire: la forca è una mala cosa, mi strangolará che non mangiarò piú mai; alla fame darò un perpetuo bando e mi prometto dovizia di tutte le cose.
PIRINO. Te ne cerco perdono, dammi il castigo e non se ne parli piú. FORCA. Ve lo darei per certo volontieri; ma dubito che or togliendolo da scherzo, quando poi vi saltasse la mosca non me lo rendessi da senno e con l'usura ancora. PIRINO. Ti giuro su la mia fé di non toccarti piú mai. FORCA. Avete giurato cosí mille volte; ma montandovi quel maladetto ghiribizzo, tornate come prima e peggio.
PANFAGO. Con quel córso per darti soccorso. FORCA. Nel bisogno fuggi; dopo il pericolo vieni ad aiutarmi. PANFAGO. Correa per tor armi e aiuto. FORCA. Non potevi senz'armi menar le mani? PANFAGO. Non so menar le mani se non sovra i piatti. FORCA. Giurerei che hai bisogno di fregarti i polsi e le tempie di teriaca per i vermi per la paura. PANFAGO. N'arei bisogno, ma non per la paura.
FORCA. Poi pregaremo Alessandro vostro amicissimo, che preghi vostro padre, che compri da Mangone un schiavo di buon garbo, giovane di diciassette overo di diciotto anni, dell'etá tua e di Melitea che sète poco differenti di etá e di persona; e che gli ne dia quanto ne vuole per un suo disegno molto importante, e gli dia i cento scudi per caparra. PIRINO. Appresso?
E parve questo uno di quei sospiri, che rompono il cuore che lo esalò. Beatrice allora volse gli occhi, e vide quello che non aveva scorto prima, lo apparecchio degli arnesi infernali, e rabbrividì dal capo alle piante. A piè d'una forca stava Marzio, o piuttosto l'ombra di Marzio: la pelle gli s'informava dalle ossa, e, se togli gli occhi vitrei, ogni altra parte del corpo pareva morta in lui; avresti detto che lo avessero tratto col
FORCA. Ma tutto ciò è nulla: ci è di peggio assai. FILIGENIO. Che ci può esser peggio? FORCA. Quel dottore è un cervello bizaro, straordinario, ha molti bravi che lo seguono, per un pelo se la torrebbe col diavolo; ne sta geloso e ha deliberato farlo ammazzare e li tiene le spie sovra.
FORCA. T'informaremo meglio di una scarpa. Su, finiamola. PANFAGO. Non ho ancor finito di essaminarti; che avete apparecchiato da desinare? FORCA. È troppo buon'ora per desinare. PANFAGO. Chi non desina a buon'ora, desina a malora. FORCA. Dico: è troppo presto. PANFAGO. S'è presto a te, è tardo a me: che vuoi misurar il mio appetito dal tuo ventre?
Questo allontanarci da casa nostra non è per altro che per schivar una burasca che n'è sovragionta, ché portavamo pericolo di affogarci nel porto. FORCA. Or che nôtate nel golfo delle dolcezze, non si fa piú memoria del povero Forca, cagion del vostro giubilo.
Voi sapete che ho tanta robba che posso giovar agli amici e castigar gli inimici; e chi mi toglie lei, mi toglie l'onor mio: e l'onor pone l'uomo in disperazione, e il disperato di se stesso non può aver pietá di alcuno. Son uomo da far che i suoi amori gli costino molto cari, e a voi, a Forca e a tutti i complici; e sará piú duro il vero male che l'apparenza del falso bene.
FORCA. Ed io pregherò Iddio che mai scompagni cosí bella coppia di sposi i quali, per etá, per nobiltá e costumi e bellezza, son degnissimi l'un dell'altro. Intanto, entrate in casa di Alessandro, e il passato pericolo vi renda assai piú cauti e diligenti: ché qui, di fuori, vi potrebbe vedere il dottore o Mangone o il padre istesso, e ad una tempesta se ne aggiongerebbe un'altra.
Parola Del Giorno
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