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Aggiornato: 19 giugno 2025


A cosi` riposato, a cosi` bello viver di cittadini, a cosi` fida cittadinanza, a cosi` dolce ostello, Maria mi die`, chiamata in alte grida; e ne l'antico vostro Batisteo insieme fui cristiano e Cacciaguida. Moronto fu mio frate ed Eliseo; mia donna venne a me di val di Pado, e quindi il sopranome tuo si feo.

Infra la turba lagrimosa e trista, Ch'al chiamar d'Ebrain mossero il passo, Venne Licasta, ed a la flebil vista Ella si feo come insensibil sasso; E quando a favellar forze racquista, Gridò gemendo: o del mio viver lasso E de gli affanni miei solo sostegno, In quale guisa a ritrovarti vegno?

quand'io senti', come cosa che cada, tremar lo monte; onde mi prese un gelo qual prender suol colui ch'a morte vada. Certo non si scoteo si` forte Delo, pria che Latona in lei facesse 'l nido a parturir li due occhi del cielo. Poi comincio` da tutte parti un grido tal, che 'l maestro inverso me si feo, dicendo: <<Non dubbiar, mentr'io ti guido>>.

A così riposato, a così bello viver di cittadini, a così fida cittadinanza, a così dolce ostello, Maria mi diè, chiamata in alte grida; e ne l’antico vostro Batisteo insieme fui cristiano e Cacciaguida. Moronto fu mio frate ed Eliseo; mia donna venne a me di val di Pado, e quindi il sopranome tuo si feo.

Soleva Roma, che ’l buon mondo feo, due soli aver, che l’una e l’altra strada facean vedere, e del mondo e di Deo. L’un l’altro ha spento; ed è giunta la spada col pasturale, e l’un con l’altro insieme per viva forza mal convien che vada; però che, giunti, l’un l’altro non teme: se non mi credi, pon mente a la spiga, ch’ogn’ erba si conosce per lo seme.

Soleva Roma, che 'l buon mondo feo, due soli aver, che l'una e l'altra strada facean vedere, e del mondo e di Deo. L'un l'altro ha spento; ed e` giunta la spada col pasturale, e l'un con l'altro insieme per viva forza mal convien che vada; pero` che, giunti, l'un l'altro non teme: se non mi credi, pon mente a la spiga, ch'ogn'erba si conosce per lo seme.

E come questa imagine rompeo per stessa, a guisa d’una bulla cui manca l’acqua sotto qual si feo, surse in mia visïone una fanciulla piangendo forte, e dicea: «O regina, perché per ira hai voluto esser nulla? Ancisa t’hai per non perder Lavina; or m’hai perduta! Io son essa che lutto, madre, a la tua pria ch’a l’altrui ruina».

Pero` mira ne' corni de la croce: quello ch'io nomero`, li` fara` l'atto che fa in nube il suo foco veloce>>. Io vidi per la croce un lume tratto dal nomar Iosue`, com'el si feo; ne' mi fu noto il dir prima che 'l fatto. E al nome de l'alto Macabeo vidi moversi un altro roteando, e letizia era ferza del paleo.

E come questa imagine rompeo per stessa, a guisa d’una bulla cui manca l’acqua sotto qual si feo, surse in mia visïone una fanciulla piangendo forte, e dicea: «O regina, perché per ira hai voluto esser nulla? Ancisa t’hai per non perder Lavina; or m’hai perduta! Io son essa che lutto, madre, a la tua pria ch’a l’altrui ruina».

quand'io senti', come cosa che cada, tremar lo monte; onde mi prese un gelo qual prender suol colui ch'a morte vada. Certo non si scoteo si` forte Delo, pria che Latona in lei facesse 'l nido a parturir li due occhi del cielo. Poi comincio` da tutte parti un grido tal, che 'l maestro inverso me si feo, dicendo: <<Non dubbiar, mentr'io ti guido>>.

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