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«...l'arco di gemme luminoso Depose in terra e la faretra armata; E ginocchiato in ripregar mercede Umil baciava al gran nemico il piede . . . . . . . . . . . . . . . «...et Amedeo che in seno Chiudea memoria de' voler divini... ...con la manca man gli afferra i crini E col

Così nova risorse aspra battaglia, Ed a proprio nemico ognun s'afferra; Forte Abdulen contra Olivier si scaglia, E fiero Uberto a Soliman fa guerra; Amuratto a Rinaldo il braccio taglia Che tien la spada, e lo calpesta in terra; Carlo fere a Derniso, ove sul fianco Ha la faretra; ed ei di duol vien bianco.

Più non parlò, ma tra gli strali esperti Il più pungente e più crudel scegliea, Onde commosso Erimedon Lamberti Campion di Lucca al grande Eroe dicea: Porgi lo scudo in fuor; tien gli occhi aperti; Veggo cercar ne la faretra rea Un turco cavalier lo stral più fiero, Ed infra loro è singolare arciero.

Ma ben sono use di faretra incarco Portar sul tergo, ed affinar gli strali, E tra foreste insidïando il varco Trafigger duramente orsi e cinghiali; pur con forza di saetta, e d'arco De gli uomini al valor si fanno uguali; Ma ciascuna lottando il fianco allena, E correndo la terra imprime a pena.

Tendi ben l'arco e su la corda incocca La freccia più mortale impiagatrice, Chè se per tua faretra egli trabocca Farai con un sol colpo Asia felice. Come a Georgo riserrar la bocca Alcmer discerne, ei la riapre e dice Rivolgendo le ciglia al ciel superno Inverso di Maccon, nume d'inferno: XXXII

Spoglia d'orrido lupo intorno il cinge Gemmata l'unghie; ed ha faretra altiera Per mirabili smalti, ove si finge Tra veneniferi angui aurea Megera; sola atroce ella minaccia; Sfinge Spande ivi tosco, e fiamme alta Chimera, E con lor sembra, che latrar si scerna Il can custode de la valle inferna.

Tal sta Fernando, e contra lui per via Tal fassi Alfange; ei la faretra in posa Lascia sul tergo, e da vicin ferìa che romperli il calle altri non osa. Pur Diego l'incontrò, Diego d'Urìa, Germe tra' più gentil di Sarragosa, Di morte sprezzator, pur che si scriva Suo nome eterno al suo grande Ebro in riva,

Fu Valguarnera, ei con faretra al tergo Arco tendea, che formidabil suona, E spingea stral, cui non reggeva usbergo; A costui Timassarco alto ragiona: Se la virtù, c'ha nel tuo core albergo Felicit

Ornavano con frange il busto altiero Su ceruleo tabì nastri gemmati; Ed in faretra custodiva arciero Scherzo de le sue man strali ferrati; Spandea fuor de la bocca il buon destriero Forte i nitriti e da le nari i fiati, Falbo di manto, e riposava appena I piè non stanchi in su l'erbosa arena.