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Aggiornato: 25 giugno 2025
SPELA. Ed io ho a comprare il zibetto a quel pazzo del mio. LELIA da ragazzo sotto nome di FABIO e FLAMMINIO giovene innamorato. FLAMMINIO. Gli è pure una gran cosa, Fabio, che, in fino a qui, non abbi potuto cavare una buona risposta da questa crudele, da questa ingrata d'Isabella.
I romani, astretti dalle guerre de' cartaginesi, batterono prima gli assi di due once, che prima erano d'una libbra; poi, da Fabio Massimo ridotti a un'oncia, furono anche a mezz'oncia da Papirio ristretti, il che non fu altro che alzare il loro valore sin 24 volte piú di prima: ma lo poterono fare, perché non avevano commercio, se non poco, con altre nazioni; il che oggi non succede.
Iddio mi dia grazia ch'io gli possa far del bene. Che borbotti? che dici, poltrone? non è vero? CRIVELLO. Che volete ch'io dica? Dico di sí, io. Fabio è buono, Fabio è bello, Fabio serve bene, Fabio con voi, Fabio con madonna... Ogni cosa è Fabio; ogni cosa fa Fabio. Ma... FLAMMINIO. Che vuol dir «ma...»? CRIVELLO. ...non sará sempre buona robba. FLAMMINIO. Che dici tu di robba?
Sarebbe a dire che il nostro dev'essere un matrimonio di.... riparazione. Si spieghi! urlò il commendatore. Un padre non può volere.... il disonore di sua figlia. Fabio, cieco dall'ira, afferrò una seggiola. Il principe indiano, a scanso d'una tragedia, si ritirò, gridando ancora nel corridoio: Oramai, siamo sposi dinanzi a Dio!
E piú ti dico, che tua figliuola è in casa di Clemenzia sua balia. VIRGINIO. O Dio, quante grazie ti rendo! CRIVELLO, FLAMMINIO e CLEMENZIA balia. CRIVELLO. Io l'ho veduto in casa di Clemenzia balia con questi occhi e udito con questi orecchi. FLAMMINIO. Guarda che fusse Fabio. CRIVELLO. Credete ch'io nol conoscesse? FLAMMINIO. Andiam lá. S'io 'l truovo... CRIVELLO. Voi guastarete ogni cosa.
Fabio Rosati era un giovane intelligente, il quale sentiva che il bagaglio di cognizioni di cui si era munito negli anni in cui un uomo deve prepararsi alla vita, era troppo leggiero, troppo meschino per permettergli di andar oltre nel mondo. Dotato, come quasi tutti i romani, di quella preziosa qualit
In fatto di religione, continuò Ubaldo accomodandosi la lente e senza badare alle occhiatacce che gli lanciava Fabio, bisogna combattere il Papato con le stesse armi con cui si combatte il governo; far morire la fede screditando chi la predica.
FLAMMINIO. E pare a te, Fabio, che queste cose le dica di cuore o pur ch'ella abbia qualche sdegno con esso me? Ché pur soleva, qualche volta, farmi favore, da un tempo in lá; né posso creder ch'ella mi voglia male, accettando le mie lettere e le mie imbasciate. Io so' disposto di seguirla fino alla morte. Ben vo' vedere quel che n'ha da essere. Che ne dici, Fabio? non ti pare?
FLAMMINIO. Io non posso. Va' lá, ch'io te ne prego. LELIA. Io andarò; ma... FLAMMINIO. Torna con la risposta, subito. Io andarò fino in duomo. LELIA. Com'io veggo el tempo, non mancarò. FLAMMINIO. Fabio, se tu fai questa cosa, buon per te! LELIA. A tempo si parte, ché ecco Pasquella che mi viene a trovare. PASQUELLA fante di Gherardo e LELIA da ragazzo detto FABIO.
Ma bene il farete, sí. FABRIZIO. Eh madonna! Voi non mi conoscete. Andate, ché voi m'avete còlto in iscambio. PASQUELLA. Oh! Non l'aver per male, Fabio mio, ch'io 'l dico per farti bene. FABRIZIO. Io non ho per male niente; ma io non ho questo nome e non so' chi voi credete. PASQUELLA. Or fate pur fra voi due a vostro modo. Ma sai, figliuolo?
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