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Aggiornato: 20 giugno 2025


ma misi me per l’alto mare aperto sol con un legno e con quella compagna picciola da la qual non fui diserto. L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna, fin nel Morrocco, e l’isola d’i Sardi, e l’altre che quel mare intorno bagna. Io e ’ compagni eravam vecchi e tardi quando venimmo a quella foce stretta dov’ Ercule segnò li suoi riguardi

Lo mio maestro e io e quella gente ch’eran con lui parevan contenti, come a nessun toccasse altro la mente. Noi eravam tutti fissi e attenti a le sue note; ed ecco il veglio onesto gridando: «Che è ciò, spiriti lenti? qual negligenza, quale stare è questo? Correte al monte a spogliarvi lo scoglio ch’esser non lascia a voi Dio manifesto».

Noi ci volgemmo ancor pur a man manca con loro insieme, intenti al tristo pianto; ma per lo peso quella gente stanca venìa pian, che noi eravam nuovi di compagnia ad ogne mover d’anca. Per ch’io al duca mio: «Fa che tu trovi alcun ch’al fatto o al nome si conosca, e li occhi, andando, intorno movi».

Un amen non saria possuto dirsi tosto così com’ e’ fuoro spariti; per ch’al maestro parve di partirsi. Io lo seguiva, e poco eravam iti, che ’l suon de l’acqua n’era vicino, che per parlar saremmo a pena uditi. Come quel fiume c’ha proprio cammino prima dal Monte Viso ’nver’ levante, da la sinistra costa d’Apennino,

Tutte le stelle gia` de l'altro polo vedea la notte e 'l nostro tanto basso, che non surgea fuor del marin suolo. Cinque volte racceso e tante casso lo lume era di sotto da la luna, poi che 'ntrati eravam ne l'alto passo, quando n'apparve una montagna, bruna per la distanza, e parvemi alta tanto quanto veduta non avea alcuna.

«Figliuol mio», disse, «infin quivi ti tira», additandomi un balzo poco in sùe che da quel lato il poggio tutto gira. mi spronaron le parole sue, ch’i’ mi sforzai carpando appresso lui, tanto che ’l cinghio sotto i piè mi fue. A seder ci ponemmo ivi ambedui vòlti a levante ond’ eravam saliti, che suole a riguardar giovare altrui.

ma misi me per l’alto mare aperto sol con un legno e con quella compagna picciola da la qual non fui diserto. L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna, fin nel Morrocco, e l’isola d’i Sardi, e l’altre che quel mare intorno bagna. Io e ’ compagni eravam vecchi e tardi quando venimmo a quella foce stretta dov’ Ercule segnò li suoi riguardi

A quella fiamma intensa ed assidua il mio cuore s'era quasi essiccato. La mia parola era diventata arida ed aspra: ahimè! perfino con mia madre! Povera e santa mamma! Che bella e dolorosa vita era stata la sua! Nel '66, a soli ventidue anni, aveva perduto il babbo, a Mentana, che adorava. Non le eravam rimasti che noi due, e non aveva vissuto che per noi.

Noi ci volgemmo ancor pur a man manca con loro insieme, intenti al tristo pianto; ma per lo peso quella gente stanca venìa pian, che noi eravam nuovi di compagnia ad ogne mover d’anca. Per ch’io al duca mio: «Fa che tu trovi alcun ch’al fatto o al nome si conosca, e li occhi, andando, intorno movi».

Gia` eravam da la selva rimossi tanto, ch'i' non avrei visto dov'era, perch'io in dietro rivolto mi fossi, quando incontrammo d'anime una schiera che venian lungo l'argine, e ciascuna ci riguardava come suol da sera guardare uno altro sotto nuova luna; e si` ver' noi aguzzavan le ciglia come 'l vecchio sartor fa ne la cruna.

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