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Aggiornato: 29 giugno 2025


³⁴⁴ Riedesel, op. cit., p. 122. Il dovere di ospitalit

Perciò, accioché questo cessasse, Platone, considerando, se la republica non fosse onesta, non poter consistere, scrisse, e meritamente, questi cotali dovere essere cacciati delle cittá. Non adunque disse d'ogni poeta.

Mi si lascia sola come un appestato... È questo il vostro dovere, canaglia?... Nessuno ha cura di me... Fatemi venire Grisostomo. Le ho gi

Sulla fine di quell'anno il Mazzini tornò in Inghilterra, «ma non cessò dal lavoro per le delusioni sofferte, inculcando con lettere ai patrioti dell'interno e con pubblici scritti al Paese ed al re il dovere comune, protestando contro la piega servile, che subordinava il diritto, l'indipendenza e la dignit

«Gli offesi da un tanto briaco furore han fatto appello a questa Giunta per una riparazione e la rappresentanza sottoscritta, a tutela dei diritti dei propri amministrati che in quella barbarie vede tutti quanti crudelmente violati, sente alto il suo dovere d'informare l'illustrissimo comandante la zona militare qui di stanza, maggiore cav. Merli, per gli opportuni provvedimenti.

Perchè, fra la tirannide e l'insurrezione, è forza passare a traverso gendarmi, prigioni e patiboli. Perchè, per affrontare tutto ciò, non basta la conoscenza del fatto; è d'uopo sentire che è dovere il distruggerlo. Perchè il mero convincimento non basta a iniziare la lotta: conviene che questa sorga come manifestazione d'una fede.

Scusi, signor Martini disse al marchesino scusi, se faccio il mio dovere. Non sar

Proposi il moto e chiesi ajuti pecuniari alle Congreghe. La proposta fu accolta. Gli ajuti furono dati, benchè al solito inferiori al bisogno e al dovere. Strana cosa, ma vera: gli uomini della libert

Ma badate di non pigliar l'una per l'altra; andateci voi stesso, datevi il comodo di qualch'altra volta, quando, a fuggir la fatica, vi siete fatto servire da un altro servitore. Non dubiti, Eccellenza; farò il mio dovere.

Dal terrazzo, vestito, tutto pronto, cavando l'orologio nella penombra della luna tramontata e del giorno che sorgeva, vidi aprirsi una ad una le case dei contadini. Nell'albergo, dormivano ancora. Pure, sapendo che col treno delle sei e mezzo aspettavo mia moglie, si alzarono. Mi nascosi, vergognandomi di farmi vedere così premuroso. Ma dalla finestra, vedevo sempre la stazione, che s'era svegliata anche lei. Sotto la porta, un facchino si stirava le braccia. Uscii, non ne potevo più. Nel crepuscolo mattinale la serva spazzava, in basso, la stanza da pranzo. Le dissi che andavo a passeggiare. Sorrise. Non capii quel sorriso. Ero inebetito. Come l'ora si appressava, cresceva in me la sicurezza che non sarebbe venuta. Non viene, non viene mormoravo. Me ne andai sulla via maestra, parallela alla via ferroviaria. Andavo incontro al treno, come un pazzo, come un bambino. Poi la via maestra faceva un gomito; tornai indietro, alla stazione. Presi una tazza di caffè, poi un vermouth nel piccolo caffè, parlai col padrone. Era l'alba, ma grigia. Forse il sole non sarebbe uscito, forse essa non sarebbe venuta. Anzi era certo che non veniva. Aspettavo per scrupolo di coscienza, quasi per dovere. Avrei potuto andarmene, perchè non veniva. D'un tratto odo un debole fischio, un suono di campanella, mi precipito fuori, in tempo per vedere un treno nero, bagnato d'umidit

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