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Aggiornato: 10 giugno 2025


Qual su l'Atlante empio Leon, che vinto Da dura fame, più s'infiamma al pasto, Allor ch'atroce, e più di sangue è tinto Il guardo, allor che più 'l ruggito e vasto, Se incontra armenti, in mezzo lor sospinto Gli sbrana l'unghia, a cui non è contrasto, E le tepide membra aspro divora, E benchè sazio, ne fa scempio ancora: XXXIII

Un tenente, bersagliere ciclista, ha portato con un piatto di carne che divora camminando. La padrona di casa, donnone biondastro, dal corpo liquefatto, straripante, ossequia in buon italiano. Ci presenta sua figlia, magrolina, bionda, slavata.

Fede e innocenza son reperte solo ne' parvoletti; poi ciascuna pria fugge che le guance sian coperte. Tale, balbuziendo ancor, digiuna, che poi divora, con la lingua sciolta, qualunque cibo per qualunque luna; e tal, balbuziendo, ama e ascolta la madre sua, che, con loquela intera, disia poi di vederla sepolta.

Eccolo nello stabulum, schiavo in mezzo a molti schiavi: costretto ad un lavoro faticoso, umiliante, di pulizia dei cortili, di spaccatura di legno, a portare fardelli, sempre sotto la sferza, pieno di fame, di sete, colla febbre che lo divora, desideroso di presto finire quella vita.

Non più di remoti destini contenta Agli echi susurra del povero sasso, Non più del molino si abbraccia alla lenta Costanza e alla ruota fa muovere il passo: Percossa da nuova superba parola Lo spirto dell'acque precipita, vola, Divora le tenebre, le macchine invade, Riempie di sibili le morte contrade.

Lungi da me, o limosine D'un mondo imbellettato, Chicche donate ai bamboli D'un popolo affamato! Lungi da me l'ingenua Fede dei tardi ingegni, Che spengansi gli sdegni Coll'agape d'un ! Lungi da me quest'ebete Sfida a chi più divora, Quest'inno che da gonfie Ventraglie erutta fuora! Lungi da me l'effluvio Di frutta e di dolciumi, A cui gli acri profumi Inutil sangue unì!

Per la morte di Dio! esclamò don Francesco, ostentando una baldanza che era lontana dall'animo suo, che cosa ho a darti io? -E scorto in un angolo della caverna certo fascio di paglia, lo spinse presso a cotesta belva dicendo: Prendi, divora... E lo spettro divorò anche la paglia. Terminata che l'ebbe, tese come prima la orribile faccia verso il conte, urlando a bocca aperta: Ho fame!...

Dirimpetto alla damina, sopra di un carro di cannone, il quale con una parte del fusto di lucido bronzo faceva un bizzarro contrasto coll'assetto gentile di quella stanza, sedeva un giovane la cui faccia esprimeva l'uomo che in mezzo al contento ha un qualche segreto affanno che lo divora. Ben si scorgea sui lineamenti di quel volto caratteristico che un'anima bollente si celava in quel frate. Chi è mai costui che vestito alla marinaresca tiene alla cintura due pistole ed un pugnale? Costui è il capitano della fregata o, se non vi basta, è il gi

E se cagion fûr l'ozio e gli scrittori del peggiorar de' costumi d'allora, pensando a' libri ch'oggi escono fuori e alla scioperatezza che s'adora, sento che freddi m'escono i sudori per il dolor che il sangue mi divora, e dico: O terque e quaterque beati a que' che prima d'or son trapassati.

Ma parlando di misteriosi, il nome di Zuppetta si trova sotto la mia penna. Zuppetta è uno di quegli esseri terribili che la rivoluzione fa giganti, la pace divora. Zuppetta è comparso due volte appena all'Assemblea. La prima volta Garibaldi ve lo portò nelle pieghe del suo plaid, al momento della prima sua entrata.

Parola Del Giorno

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