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L'una era d'oro e l'altra era d'argento; pria con la bianca e poscia con la gialla fece a la porta si`, ch'i' fu' contento. <<Quandunque l'una d'este chiavi falla, che non si volga dritta per la toppa>>, diss'elli a noi, <<non s'apre questa calla. Piu` cara e` l'una; ma l'altra vuol troppa d'arte e d'ingegno avanti che diserri, perch'ella e` quella che 'l nodo digroppa.

<<O frate, issa vegg'io>>, diss'elli, <<il nodo che 'l Notaro e Guittone e me ritenne di qua dal dolce stil novo ch'i' odo! Io veggio ben come le vostre penne di retro al dittator sen vanno strette, che de le nostre certo non avvenne; e qual piu` a gradire oltre si mette, non vede piu` da l'uno a l'altro stilo>>; e, quasi contentato, si tacette.

<<Oh!>>, diss'io lui, <<non se' tu Oderisi, l'onor d'Agobbio e l'onor di quell'arte ch'alluminar chiamata e` in Parisi?>>. <<Frate>>, diss'elli, <<piu` ridon le carte che pennelleggia Franco Bolognese; l'onore e` tutto or suo, e mio in parte. Ben non sare' io stato si` cortese mentre ch'io vissi, per lo gran disio de l'eccellenza ove mio core intese.

Lasciane andar per li tuoi sette regni; grazie riportero` di te a lei, se d'esser mentovato la` giu` degni>>. <<Marzia piacque tanto a li occhi miei mentre ch'i' fu' di la`>>, diss'elli allora, <<che quante grazie volse da me, fei. Or che di la` dal mal fiume dimora, piu` muover non mi puo`, per quella legge che fatta fu quando me n'usci' fora.

<<O voi che sanz'alcuna pena siete, e non so io perche', nel mondo gramo>>, diss'elli a noi, <<guardate e attendete a la miseria del maestro Adamo: io ebbi vivo assai di quel ch'i' volli, e ora, lasso!, un gocciol d'acqua bramo. Li ruscelletti che d'i verdi colli del Casentin discendon giuso in Arno, faccendo i lor canali freddi e molli,

<<Oh!>>, diss'io lui, <<non se' tu Oderisi, l'onor d'Agobbio e l'onor di quell'arte ch'alluminar chiamata e` in Parisi?>>. <<Frate>>, diss'elli, <<piu` ridon le carte che pennelleggia Franco Bolognese; l'onore e` tutto or suo, e mio in parte. Ben non sare' io stato si` cortese mentre ch'io vissi, per lo gran disio de l'eccellenza ove mio core intese.

dicendo; <<O frati miei, Dio vi dea pace>>. Noi ci volgemmo subiti, e Virgilio rendeli 'l cenno ch'a cio` si conface. Poi comincio`: <<Nel beato concilio ti ponga in pace la verace corte che me rilega ne l'etterno essilio>>. <<Come!>>, diss'elli, e parte andavam forte: <<se voi siete ombre che Dio su` non degni, chi v'ha per la sua scala tanto scorte?>>.

di Marzia tua, che 'n vista ancor ti priega, o santo petto, che per tua la tegni: per lo suo amore adunque a noi ti piega. Lasciane andar per li tuoi sette regni; grazie riportero` di te a lei, se d'esser mentovato la` giu` degni>>. <<Marzia piacque tanto a li occhi miei mentre ch'i' fu' di la`>>, diss'elli allora, <<che quante grazie volse da me, fei.

<<In mezzo mar siede un paese guasto>>, diss'elli allora, <<che s'appella Creta, sotto 'l cui rege fu gia` 'l mondo casto. Una montagna v'e` che gia` fu lieta d'acqua e di fronde, che si chiamo` Ida: or e` diserta come cosa vieta. Rea la scelse gia` per cuna fida del suo figliuolo, e per celarlo meglio, quando piangea, vi facea far le grida.

dicendo; <<O frati miei, Dio vi dea pace>>. Noi ci volgemmo subiti, e Virgilio rendeli 'l cenno ch'a cio` si conface. Poi comincio`: <<Nel beato concilio ti ponga in pace la verace corte che me rilega ne l'etterno essilio>>. <<Come!>>, diss'elli, e parte andavam forte: <<se voi siete ombre che Dio su` non degni, chi v'ha per la sua scala tanto scorte?>>.