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Aggiornato: 15 maggio 2025


Avvegna che la subitana fuga dispergesse color per la campagna, rivolti al monte ove ragion ne fruga, i' mi ristrinsi a la fida compagna: e come sare' io sanza lui corso? chi m'avria tratto su per la montagna? El mi parea da se' stesso rimorso: o dignitosa coscienza e netta, come t'e` picciol fallo amaro morso!

<<Oh!>>, diss'io lui, <<non se' tu Oderisi, l'onor d'Agobbio e l'onor di quell'arte ch'alluminar chiamata e` in Parisi?>>. <<Frate>>, diss'elli, <<piu` ridon le carte che pennelleggia Franco Bolognese; l'onore e` tutto or suo, e mio in parte. Ben non sare' io stato si` cortese mentre ch'io vissi, per lo gran disio de l'eccellenza ove mio core intese.

<<Oh!>>, diss'io lui, <<non se' tu Oderisi, l'onor d'Agobbio e l'onor di quell'arte ch'alluminar chiamata e` in Parisi?>>. <<Frate>>, diss'elli, <<piu` ridon le carte che pennelleggia Franco Bolognese; l'onore e` tutto or suo, e mio in parte. Ben non sare' io stato si` cortese mentre ch'io vissi, per lo gran disio de l'eccellenza ove mio core intese.

i’ mi ristrinsi a la fida compagna: e come sare’ io sanza lui corso? chi m’avria tratto su per la montagna? El mi parea da stesso rimorso: o dignitosa coscïenza e netta, come t’è picciol fallo amaro morso! Quando li piedi suoi lasciar la fretta, che l’onestade ad ogn’ atto dismaga, la mente mia, che prima era ristretta,

i' mi ristrinsi a la fida compagna: e come sare' io sanza lui corso? chi m'avria tratto su per la montagna? El mi parea da se' stesso rimorso: o dignitosa coscienza e netta, come t'e` picciol fallo amaro morso! Quando li piedi suoi lasciar la fretta, che l'onestade ad ogn'atto dismaga, la mente mia, che prima era ristretta,

Io n'ho stupore, e non sare' dovere voler per venti camuffarne cento; oltre che non fu colpa del mestiere, ma del rozzon semivivo e del vento. Filinor grida: Come! a un cavaliere un servo parla con tanto ardimento? Poi croscia in sulla gobba col bastone, e due e tre e quattro delle buone. Tanto che fuggí via con gli stivali colui, lasciando il padron e il guadagno.

Avvegna che la subitana fuga dispergesse color per la campagna, rivolti al monte ove ragion ne fruga, i’ mi ristrinsi a la fida compagna: e come sare’ io sanza lui corso? chi m’avria tratto su per la montagna? El mi parea da stesso rimorso: o dignitosa coscïenza e netta, come t’è picciol fallo amaro morso!

«Oh!», diss’ io lui, «non se’ tu Oderisi, l’onor d’Agobbio e l’onor di quell’ arte ch’alluminar chiamata è in Parisi?». «Frate», diss’ elli, «più ridon le carte che pennelleggia Franco Bolognese; l’onore è tutto or suo, e mio in parte. Ben non sare’ io stato cortese mentre ch’io vissi, per lo gran disio de l’eccellenza ove mio core intese.

«Oh!», diss’ io lui, «non se’ tu Oderisi, l’onor d’Agobbio e l’onor di quell’ arte ch’alluminar chiamata è in Parisi?». «Frate», diss’ elli, «più ridon le carte che pennelleggia Franco Bolognese; l’onore è tutto or suo, e mio in parte. Ben non sare’ io stato cortese mentre ch’io vissi, per lo gran disio de l’eccellenza ove mio core intese.

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