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La figliastra. So che con mio padre, finché visse, tu fosti sempre in pace e contenta. Negalo, se puoi! La madre. Non lo nego, no... La figliastra. Sempre pieno d'amore e di cure per te! Al Giovinetto, con rabbia: Non è vero? Dillo! Perché non parli, sciocco? La madre. Ma lascia questo povero ragazzo! Perché vuoi farmi credere un'ingrata, figlia? Io non voglio mica offendere tuo padre!

Si volse a interrogare con gli occhi sua madre, ma questa teneva chinato il capo. Posso rimanere, posso rimanere, Anne-Marie? Vero, che non vuoi ch'io torni via tutto solo? Dillo, dillo a tua mamma, che mi lasci restar qui e aver cura di voi! Anne-Marie fu molto sorpresa. A noi non piace che si abbia cura di noi, disse. E soggiunse per non offendere questa strana persona: Grazie lo stesso.

Il sospiro di Leonardo, dopo queste parole, s'incontrò e si confuse con un sospiro del dottore. Dopo di aver sospirato all'unisono, entrambi stettero zitti, poi il cieco disse sorridendo: E se non il sacerdote... il predicatore; dillo pure, lo hai sulle labbra... ma gi

Lasciatemi andare, via.... No, no. Di', che cosa gli importa al babbo? Che cosa c'è da far dispiacere? Non gli fa dispiacere, lo irrita. Ma perchè? Perchè? Ve lo dirò poi; lasciatemi andare, che non s'avveda che sono uscita per parlare di questo. E cercava di svincolarsi; ma i ragazzi la stringevano davvicino: No, no. Dillo ora, Rosa. Perchè?

Che giorno? Eh! lo sai bene; non sarai offeso della prudenza d'un padre; in fin dei conti ho una figlia sola, e dovevo prendere le mie precauzioni. Non ti capisco... Ti vendichi; vuoi che mi umilii... Non voglio nulla da te; saprò aspettare... Eh! via, non sono cose da fare, da dire; non è meglio sposarsi subito quando si può? dillo tu.

CLEMENZIA. Di cotesto guardatevi molto bene, ch'io non voglio esser baciata da vecchi. GHERARDO. Paioti cosí vecchio? SPELA. Che credi? Al mio padrone non sono ancor caduti gli occhi fuor di bocca; volsi dire, i denti. CLEMENZIA. In ogni modo, non avete il tempo che si crede, veggo ben io. GHERARDO. Dillo a Lelia. E sai? Se mi metti in sua grazia, ti vo' donare un mongile.

E allora ripeteva il ritornello assiduo dell'inno eterno: M'ami proprio? , tanto. E perchè m'ami? Ernesta ci pensava senza trovar risposta. Dillo, perchè mi ami? Non lo so; e tu perchè mi ami? Perchè sei bella, perchè sei buona. E anch'io t'amo perchè sei buono, perchè sei bello.... Quale sorriso passò sulle labbra di Leonardo! Sono bello io? , sei bello.... ma non per questo t'amo.

Lo soleva chiamare il suo secondo padre, e veramente si sarebbe fatto fare a pezzi per lui. Queste due cose insieme fecero che trovasse al solito la parola, si sbracciasse in proteste, giurasse di mettere il mondo sossopra: fecero che alzasse la mano aperta a un quattro, quando il Barone ripigliò tutto contento: Via, dillo tu stesso quel che gli si ha a far dare ai picciotti.

Ma ci voglio un pitaffio ch'io m'ho fatto per mia memoria. CRISAULO. Dillo. PILASTRINO. Falli onore. «Qui giace un ch'ebbe nome Pilastrino. Vivo, tanto m'amò che disperato morio mancando in me lo spirto e el vino». CRISAULO. Ha odor d'antico. PILASTRINO. No. Ci manca questo: «Visse di baie e morí disperato, vedendo andare a nozze un che col tempo contendea d'anni». CRISAULO. Ah! ca!

E non anche la mia, forse?... Non anche la mia?... Dillo! Dillo! Che c'è? (battendosi la fronte con la mano) Ah gi