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Aggiornato: 22 maggio 2025


Sotto essi i giudici, governatori civili, capi de' corpi municipali, ma non eletti da essi, anzi dati, talor forse dai duchi, certo sovente da' vescovi, e perciò chiamati «dativi». I membri di questi corpi non eran piú detti «decurioni», ma indeterminatamente «principali» od anche «consoli», nome vecchio, significazione nuova, non piú di capi, ma di consiglieri municipali.

Sinché durò in Roma quell'antica tanto lodata ed odiata frugalitá, con la quale, contenti di ciò che rendeva loro la terra e la greggia, non cercavano merci straniere; ed i consoli e decurioni s'andavano a staccar dall'aratro, per collocarli con suprema potestá alla testa de' loro eserciti; onde tante nobilissime famiglie romane, come de' Fabi, de' Lentuli, Pisoni, Ciceroni ed altri presero il cognome dal ben seminar le fave, i piselli, i ceci e le lenticchie: non fu fatta mutazione nelle monete; ma per 300 anni, da Servio Tullo, che l'introdusse, sino alla prima guerra cartaginese, durò la stessa qualitá e peso di moneta, cioè a dire degli assi gravi di rame di una libbra l'uno.

Alle diocesi e province furono posti governatori di vari nomi, rectores, proconsules, vicarii, ecc. I tributi furon dati a riscuotere a que' decurioni, fattine garanti e quasi impresari; ondeché fuggivasi tal dignitá diventata carico pesantissimo, e gl'imperatori sforzavano le famiglie a serbarla od assumerla.

L'appellazione superstite è prova, ch'esso non venne mai abolito ridotto a minor numero per decreto espresso, (perchè, quando ciò avvenne sotto il Lautrec, che volle non fosse costituito che di soli 60 decurioni, l'appellazione di gran Consiglio cessò, e le fu sostituita quella di Cameretta), parrebbe dunque che quella riduzione di numero sia avvenuta di sua natura, vale a dire per assenza spontanea e diuturna del più dei patrizj, assenza dalla citt

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