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Aggiornato: 6 giugno 2025


«La moglie tua, dice Davide, sar

Un altro imputato è don Davide Albertario, direttore dell'Osservatore Cattolico, organo di quel partito clericale intransigente che avversa le istituzioni e l'unit

Ripetè più volte le sue confessioni ai giudici; non pronunziò una parola di rammarico o di pentimento; si vantò anzi del suo delitto; disse ch'era un nuovo Davide che aveva atterrato un nuovo Golía; dichiarò che se non avesse ancora ucciso il principe d'Orange, sarebbe stato disposto ad ucciderlo; il suo coraggio, la sua calma, il suo disprezzo della vita, la sua profonda convinzione d'aver compiuto una missione santa e di morire glorioso, sgomentò i suoi giudici; fu creduto invaso dal demonio; si fecero delle indagini; fu interrogato egli stesso; ma rispose sempre che non aveva mai avuto relazione che con Dio.

Entrambi scopano adagio, passano l'arnese sotto le brande, si fermano a far uscire i crostini dalle commessure tra mattone e mattone e tra pietra e pietra e si tirano a dietro il materiale fino in fondo, senza lasciare per la via polvere e briciole. Scopa bene anche don Davide, ma non con la diligenza degli altri due.

Noi ci guardammo tutti in faccia come spaventati. Non lo avevamo mai veduto con gli occhi stralunati e le guance convulsionate dallo sdegno. Calmatevi, don Davide. Anche il direttore dopo avere veduto che mi aveva indignato mi ha detto di calmarmi. Non si è più padroni di quando ci si dicono certe cose!

Abbiamo faticato a trasformare una cella a pagamento per don Davide Albertario, venuto qui il 24. Con un prete non potevamo fare diversamente. Con le guardie occupatissime siamo anzi obbligati a mandarlo al passeggio solo per impedire che qualche mascalzone lo insulti. Si sa, il Cellulare non è un collegio.

Risolsi di recarmi a visitare il giovane barone, e secondo ciò che egli avrebbe risposto alle mie insinuazioni, confidargli interamente, o lasciargli sospettare il pericolo che lo minacciava. Distrussi la lettera di Davide: e valendomi dell'indirizzo che egli mi aveva dato del suo rivale, mi recai tosto alla sua casa.

Lungo questo viaggio indimenticabile ci domandavamo di tanto in tanto l'un l'altro se eravamo vivi. Chiesi: Come stai, Fritz? Federici: Bene. Don Davide, dormite? Magari potessi dormire! Romussi, come ti senti? Maledettamente male. Non avrei mai creduto che il trasporto dei prigionieri fosse fatto in questo modo. Siamo trattati peggio delle bestie.

La loro passeggiata era per me uno studio. Notavo il loro modo di andare in su e in giù e chiamavo Romussi e don Davide Albertario a constatare che il loro passo rivelava il galeotto. Dimostravo loro come un Jean Valjean avrebbe potuto essere scoperto dal segugio di polizia anche vent'anni dopo, vestito con eleganza, in una sala immensa affollata di signori che la percorressero conversando.

Io non posso dire di essere un lettore costante di fogli religiosi. Ma credo che non ci sia in Italia un giornale del partito che possa essere paragonato al quotidiano di don Davide. È un giornale che sente tutta la modernit

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