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Usciamo di metafora. Il cicisbeo era sempre in pieno esercizio in molte case signorili, in quelle specialmente dove la cascaggine dei zerbinotti e le smancerie dei ganimedi si credevano così innocue da limitarsi a leziosi inchini, e, tutt’al più, a languide occhiate. Se qualche puritano ne faceva le maraviglie, c’erano i non puritani, persone di mondo, che trovavano opportuno lasciar fare.

Aveva in Haiti il taorib la stessa potenza magica del Sesamo nella novella orientale di Alì Baba? Probabilmente non si trattò che di una coincidenza fortuita. Ma intanto, i commensali di Damiano incominciarono ad uscir dalla sala; pochi minuti dopo, non c’erano neanche più i due padroni di casa.

In cambio delle strade a curve studiate c’erano dei sentieri formati naturalmente dal passaggio dei contadini che andavano a falciare il fieno, o attraversavano il parco per altri motivi; i padroni, gli amici, i domestici passando sempre sulle stesse traccie si formava la nuova strada.

Quando c’erano buone nuove, Metilde scriveva con brio, e pareva che il suo buon umore, pieno di grazia, si spandesse per la casa, come una consolazione soave. Quando il marito o la bimba peggioravano, le sue espressioni prendevano un senso così doloroso che stringevano il cuore. Aveva delle frasi nuove, originali, tutte sue, che riuscivano balsami o frecce, secondo i casi.

Fra le vedute c’erano i ritratti, dei generali che più si distinsero in Russia, Davout, Murat, Ney, il principe Eugenio, e qualche altro.

Mosè entrò nel salotto col volto turbato, dicendo che c’erano di fuori due figure antipatiche che volevano parlare col signor Stefano. Stefano impallidì, il capitano se ne avvide e gli disse:

Poi visitarono le vigne. C’erano delle uve eccellenti, il povero capitano ne aveva fatta una raccolta stupenda. Finita la passeggiata, Maria gli disse:

Quanto ai sedili, non aveva avuto da copiar nulla, poichè i sedili c’erano, in Haiti, e più belli e più ricchi a gran pezza di quelli che aveva l’almirante nel suo castello di poppa. S’intende che al banchetto di Guacanagari i sedili non erano tutti intagliati e ornati d’oro, come i due che si vedevano destinati al cacìco e al suo ospite.

Sancio Ruiz, non era più Sancio Ruiz; diventava Rodrigo di Triana, poi un altro, e ancora un altro, fino a diventar Cosma, Tolteomec, Diego di Arana e Cusqueia. A quell’ora non c’erano più razze, non c’erano più gradi; tutti amici, tutti fratelli, e viva l’allegria.

Non un libro d’oro ci ha tramandato coi nomi le opere di codeste donne; anzi i nomi stessi ci mancano, perchè molte di esse si restavano nell’ombra. Giornali che le mettessero in evidenza non c’erano: e la cronaca mondana correva orale piuttosto che stampata e divulgata come ora tra i curiosi e gli sfaccendati. Eppure a noi è consentito affermare che se non furono tutte Veneri le belle, la belt