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Aggiornato: 20 giugno 2025


In tutto il suo Discorso Marco Antonio de Santis non intende provare altro se non che l'altezza del cambio della piazza di Napoli con l'altre d'Italia è la sola causa che ha fatto impoverire il Regno di denari; e di questo assegna la ragione: perché l'altezza del cambio non permette che li denari, che doveano venire in Regno per la estrazione della robba fuora Regno, vengano in contanti, ma per cambio, e quelli, che doveano uscire per cambio per le mercanzie portate da fuora nel Regno, escono di contanti, per l'utile che si ha nell'uno e nell'altro; cosí all'incontro la bassezza debba essere causa dell'abbondanza, per operare il contrario effetto per la medesima ragione.

Qui, dove son liberi, ma dove pare che ricevano i viveri in contanti, i cani mi vogliono tutti un gran bene, e vengono volentieri con me; cani da caccia e da pagliaio, da guardia e da tartufi, mi fanno le capriole, mi saltano alla cintola, mugolando, scodinzolando, fiutando, girandomi attorno, seguendomi, precedendomi, ringhiando per onor mio a tutti coloro che passano.

E, incominciando dalla conclusione, che è quella: «dunque ognuno portará denari per cambio e non in contanti», dalla quale si fonda l'altra principale: che l'altezza sia causa della penuria, dico che detta conclusione, dato che siano vere le parti dell'argomento e che da quelle seguitasse necessariamente e non contingentemente, include una supposizione necessaria: che o prima del cambio siano venuti li denari in contanti in Regno, o che, se non sono venuti, vi debbano venire, ché altrimenti in conto alcuno si pagariano in Regno.

Poiché sempre, a tutti luochi, in ogni tempo torna espediente portar contanti, possendo portarli per cambio, ancorché si perdesse in cambiarli; ma, essendo tolto il cambio, di necessitá bisognava portar li denari in contanti.

Alla mattina, la maggior parte di quella folla che avea pianto e giurato di seguire i precetti del solitario era ammassata nel peristilio d'una bottega ove si vende l'indulgenza di Dio a contanti, ove l'idolatria, sotto le forme della creatura, ha eretto il simulacro vano e mentitore dell'onnipotente.

In Napoli l'entrate, che vi ha la Maestá cattolica, si spendono tutte e moreno nel medesimo Regno, ché non se ne incascia parte alcuna, e piú volte vi manda milioni di contanti; se bene poche se ne potria incasciare, per essere quasi tutte vendute e convertite in soldo d'avantagiati e milizia per il Regno.

mi si dica che li remetterá a altri e li fará cambiare per Napoli, e cosí gli ará di contanti senza venirvi, con il guadagno del cambio ancora, e rifará il danno.

Egli non ha visto mai tanto denaro in una volta, nemmeno sul tavoliere, dove pure ciascuno aveva sulle labbra parole infinitamente più grosse di quel capitale. Anch'egli ha giocato una parola, una parola piccina al paragone, ed ora deve pagare a contanti. Cinque mila lire! Quanto è facile perderle, e come dev'essere faticoso il guadagnarle!

Conciossiaché tutti quelli che posseggono censi, livelli ed altre entrate annue, che sono loro pagate a contanti, vanno del continuo perdendo tanto delle entrate loro effettive quant'è l'accrescimento delle monete.

Gli effetti, che dice Marco Antonio de Santis immediatamente seguitare dal cambio alto e basso, sono: Prima: l'uno faccia entrare, l'altro uscire li contanti dal Regno. Al quale non occorre rispondervi altrimenti, ché di sopra si è detto in abbondanza e l'esperienza l'ha dimostrato. Secondo: che li prencipi d'Italia nel tempo del cambio basso cavavano denari da' loro tesori.

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