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E questo era nuovo argomento di dissenzione fra i due vicini, per le osservazioni noiose da una parte, e le risposte bisbetiche dall’altra. Così passavano i mesi dolorosi pei fidanzati, pieni di angoscie per le famiglie, con maneggi segreti dei congiurati per stornare le minacce, e per disperdere tutte le prove compromettenti per coloro che erano liberi.

Il Bonello fugge da Palermo. Il Re, udito il caso, sentì gravissimo sdegno per la morte del suo favorito; molto maggiore la Regina. Alla fine Guglielmo, conosciuta la perfidia di Maione, tra i tesori del quale fu trovata una corona reale, chiama in Corte il Bonello, e lo ritorna in grazia. Ma l'odio della Regina vegliava contro di lui, e ad un Re sospettoso riesce facile cosa persuadere ch'è traditore un potente ed ardito Cortigiano. Il Bonello, accortosi del temporale, macchina nuova congiura, e vi trae il Conte Simone, e Tancredi di Lecce, parenti del Re, tenuti per suo comando a guisa di prigionieri con molti altri principali Baroni dell'Isola. Ciò fatto, accorre a Mistretto suo castello, per provvederlo di arme e di vittovaglie, onde in caso di fortuna contraria gli fosse aperta una via di salute. Mentre che qui dimorava, un discorso imprudente, da certo soldato, partecipe del negozio, tenuto al suo compagno, costrinse i congiurati a precipitare gl'indugi. Il Gavarretto custode del Conte Simone e di Tancredi, secondo il convenuto, li toglie di prigione, e questi seguiti da molti s'incamminano alle stanze del Re. Sedeva tranquillamente Guglielmo ragionando con Enrico Aristippo: alla vista di Simone e di Tancredi, sdegnato perchè senza suo ordine gli comparissero innanzi, prese a minacciare, poi a fuggire; ma presto raggiunto con le spade nude dal Conte di Lesina e da Roberto Bovense, uomini feroci, questi dissero di levargli la vita, e lo facevano; ma Riccardo Mandra gli rattenne, e provvide alla salvezza del Re trasportandolo prontamente in prigione. Allora, secondo l'ordine della congiura, cavato fuori del palazzo Rogiero, primogenito di Guglielmo, lo fecero cavalcare per la citt

Lo destiamo, lo armiamo in guerra e lo avventiamo come un brulotto nei fianchi del nemico. L'idea piacque, anzi fece furore tra gli astanti. S'intende che il padre Marcellino va messo in disparte; anzi, vi aggiungo che se ne andò pei fatti suoi, dopo aver salutata quella mattìa dei colleghi con un benevolo sorriso. I tre congiurati rientrarono in chiesa.

Appena che Nello entrò nella sala, i congiurati fecero atto di gran meraviglia. Lo zio di lui, che a questo nipote, sebbene di parte avversa, aveva sempre portato affetto, come appena lo vide gli corse incontro, e per alcun poco rimasero abbracciati senza parlare.

I congiurati si trascinavano dunque Ildebrando, ed egli, dopo un tratto di sbalordimento, a passi lenti li seguiva.

Fortunatamente per i congiurati, il magistrato non lo interrogò sui nomi di quelli, riserbando ad altro momento un nuovo e più solenne interrogatorio, per prendere intanto consiglio da più alto personaggio e giudice intorno alla investigazione e i passi da farsi per tutti in un colpo avere in mano i settari.

Infatti, Monti, Peppe ed i due veri o finti soldati, andarono al luogo designato; a Monti vennero date da un incognito circa tre libbre di polvere sciolta per versarla in un foglio di latta, preparato dall'Ansiglioni, per mettere in comunicazione i due barili, i quali presi su dai due soldati li adagiarono in una vettura di piazza che avevano a loro disposizione, e, salitivi sopra i quattro congiurati, si diressero verso la caserma Serristori.

I tre congiurati assassini vennero sepolti nascostamente nel sotterraneo, e tutti gli animi si rivolsero ai fatti più importanti che si preparavano, la cui aspettativa era quivi di massimo e generale interesse. Il seguente allorch'aperte sono Del lucido orïente al sol le porte, Di trombe udissi e di tamburi un suono Onde al cammino ogni guerrier s'esorte.

Importa avvertire che la sala dove si radunavano i congiurati fu gi

Torniamo ai congiurati. La precipitosa partenza del visconte, e la scomparsa delle rilevanti carte ch'erano sul tavolino non tardarono a destare in loro forti sospetti. Pensarono certamente a salvarsi fuggendo in istraniere contrade; ma non vi si seppero indurre presto abbastanza. A rilento sempre si suole fare una risoluzione penosa, e solo all'ultima estremit