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Come fu sul pianerottolo della scala, ecco farsegli incontro l'impertinente Grillincervello, e presentargli una pezzuola, dicendogli: Perchè vi forbiate la bocca». L'insulto era pungente, il momento scelto male, e la baja tornò sul capo del beffardo, giacchè Luchino d'un calcio il trabalzò sino al fondo della scala onde restò mal concio, che per tutta la vita ebbe ad andare sciancato.

Queste quattro cose pienamente ha in la Comedia del nostra poeta; ma, percioché acconciamente l'ordine posto di quelle non si può seguire, come verranno piú in concio or l'una ora l'altra le verrò adattando, e comincerommi da l'ultima.

Il vostro caso, del resto, non è nuovo nella storia; si è dato il simile, tremila e più anni fa, nell'isola d'Itaca, ed è toccato alla regina Penelope. Ce ne aveva un bel numero anche lei, che non le davano tregua. Ma un giorno capitò Ulisse a casa, e li conciò per le feste. Se uno di questi giorni, imitando Ulisse, il savio conte Quarneri....

Fortuna che non mi sono perduta d'animo, e quando m'ha chiesto donde venisse quell'odor di tabacco.... Che cosa gli avete risposto? Ho dovuto raccontargli di un incontro fatto per via.... di certi marinai che erano venuti a darmi la baia.... E sarebbe vero? saltò su l'altro, facendo cipiglio. Badate, Marianna; se qualcheduno vi ronza attorno, lo concio io come va. Sareste geloso? Come un Turco!

Che febbre? Bufalo! Dico che Santilla m'ha concio male. FESSENIO. T'ha battuto? CALANDRO. Oh! oh! oh! Tu se' grosso! Dico ch'ella m'ha inamorato forte. FESSENIO. Be', presto sarai da lei. CALANDRO. Andiamo dunque da lei. FESSENIO. Ci sono ancora di mali passi. CALANDRO. Non ci perder tempo. FESSENIO. Non dormirò. CALANDRO. Fallo. FESSENIO. El vedrai: ché or ora sarò qui con la risposta. Addio.

Ma poi, quel dolore muto, quel pianto silenzioso finì per irritarla maggiormente e «Bada» tornò a gridare infuriata, «bada che se non ismetti di frignare, ti concio io pel delle feste». La bimba, allora, si sforzò di trattenere le lacrime e si asciugò gli occhi colle manine ruvide e annerite, gi

«Povero De Salvi! Se sapesse come lo concio, romperebbe i suoi occhiali d'oro sulla soglia di casa mia, in atto di maledizione. Egli è in fondo in fondo un buon diavolo; si crede, e fino ad un certo segno è necessario. Gli uomini come lui sono indispensabili ne' nostri ritrovi; sono essi, così in apparenza noiosi, che tengono viva una conversazione, la quale, senza costoro, o andrebbe troppo nel tenero, o languirebbe affatto; sono essi, questi Alcibiadi giubilati, che noi tiriamo gravemente in disparte, per dar loro un ridicolo incarico, per ragionar di cose da nulla, con molta loro allegrezza, e dannazione degli Alcibiadi in attivit

Sopra una barca di concio vedemmo all'incerta luce che veniva dalla piccola porta, un'involucro di carne; da questo partivano i lamenti e, cosa strana, questi lamenti non ci parvero d'uomo; ma che dentro ci fosse una donna? accesi con mano tremante un fiammifero, mi appressai... un urlo mi partì dalla strozza, il lume mi cadde di mano, chè io non poteva credere a ciò che mi si parava davanti; era, purtroppo, una povera donna colei che si lamentava in tal guisa e in quella povera donna io riconobbi Aissa.